Mercoledì 24 Aprile 2024

Presidenzialismo sì o no? La riforma è matura. Il sistema francese dà stabilità e garanzie

Contro l’astensionismo, bisogna restituire agli elettori il potere di decidere. I collegi a doppio turno conferiscono autorevolezza ai parlamentari, così ci sarebbe il giusto bilanciamento rispetto a un presidente eletto

François Mitterrand (1916-1996), presidente della Repubblica francese per due volte

François Mitterrand (1916-1996), presidente della Repubblica francese per due volte

Continua il dibattito sollevato da QN sulle possibili riforme istituzionali, partendo dalla promessa fatta da Giorgia Meloni sul presidenzialismo, da attuare al più presto. Dopo le analisi di Paolo Cirino Pomicino, Sofia Ventura, Giorgio la Malfa, Stefano Ceccanti, Gaetano Quagliariello, oggi è la volta di Valdo Spini, Presidente della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli

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Sono stato chiamato in causa più volte dall’onorevole Francesco Lollobrigida per le mie posizioni sul semipresidenzialismo alla francese. È vero, il 15 novembre 1996 presentai, con gli altri deputati dell’allora Federazione laburista, due proposte di legge "concatenate", rispettivamente la numero 3.400 e la numero 3.401, l’una costituzionale per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica e la seconda, ordinaria, per un sistema elettorale a doppio turno di collegio. E quando, nel 1997, in Commissione bicamerale si votò sulle due alternative sulla forma di governo, premierato o semipresidenzialismo, votai a favore del semi presidenzialismo, anzi fui tra i due voti decisivi per farlo passare.

Sulla base di questo voto si arrivò al cosiddetto "patto della crostata", tra il centro-sinistra allora al governo e il centro-destra guidato da Silvio Berlusconi, che sembrò preludere a una riforma che stabilizzasse davvero sul bipolarismo il sistema politico-istituzionale italiano.

Successivamente, lo stesso Berlusconi, non vedendo soddisfatte le sue aspettative sul tema della giustizia, si disimpegnò da questo accordo e quel tentativo fallì.

Ora il problema si ripropone per iniziativa della maggioranza di centro-destra e della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. I termini del problema sono cambiati, ma non è cambiata l’insoddisfazione di molte cittadine e cittadini italiani per il funzionamento del nostro sistema politico-istituzionale.

Non va mai dimenticato che nelle recenti elezioni politiche si è astenuto un italiano su tre, più un 4% di schede bianche o nulle. È comunque sintomatico che tra le istituzioni che i cittadini considerano abbiano meglio funzionato vi è proprio la presidenza della Repubblica, alle cui vicende storiche ho dedicato recentemente un libro 'Sul colle più alto', e a cui la Costituzione ha saggiamente conferito poteri di fatto molto flessibili.

Dico quindi subito che sono assolutamente contrario all’elezione diretta del premier perché confinerebbe il Presidente della Repubblica che, a norma dell’articolo 87 rappresenta l’unità nazionale, in una funzione puramente esornativa.

Non a caso, l’unico Stato in cui era prevista tale elezione diretta, e cioè Israele, l’ha abolita. In un sistema costituzionale coerente, se si elegge qualcuno, si elegge il numero 1 e non il numero 2. L’elezione diretta del Presidente della Repubblica con una figura distinta di primo ministro (il semipresidenzialismo) può invece consentire quel misto di stabilità e di flessibilità in rapporto all’evoluzione dell’orientamento dell’elettorato di cui siamo alla ricerca.

L’elezione diretta del Presidente della Repubblica, non può essere considerata astrattamente in sé e per sé, ma deve essere considerata in rapporto alla democraticità del sistema che si vuole instaurare: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica nel quadro dell’attuale sistema elettorale in cui prevale la lista bloccata, avrebbe poco senso. Ha senso invece, se si situa in un quadro che dia all’elettorato un vero potere di eleggere anche i suoi parlamentari.

Visto che l’Italia ha finora respinto il bipartitismo secco, i collegi elettorali uninominali a doppio turno di tipo francese potrebbero dare ai parlamentari quell’autorevolezza che fa del Parlamento un vero potere controbilanciante rispetto ad un Presidente eletto direttamente.

Piuttosto quindi che affrontarsi su posizione ideologiche (l’elezione diretta del Presidente della Repubblica è di destra, e la sua elezione indiretta è di sinistra), conviene confrontarsi a fondo sull’insieme delle questioni che una riforma del genere coinvolgere.Al centro-sinistra italiano poi va ricordata la lezione di François Mitterrand. Questi, dopo essersi opposto alla riforma di De Gaulle e avere scritto Le coup d’etat permanent , seppe essere protagonista di un necessario processo unitario della sinistra francese che lo portò per due mandati alla Presidenza della Repubblica e gli consentì di scrivere una pagina importante della storia della sinistra di quel Paese.

(6 - continua)