Giovedì 18 Aprile 2024

Prescrizione, muro contro muro. E Conte al Senato trema

Numeri a rischio senza l’appoggio di Italia Viva. I democratici pensano che Renzi abbia un accordo con Salvini e voglia andare alle elezioni

La situazione al Senato

La situazione al Senato

Roma, 11 febbraio 2020 - Due treni lanciati l’uno contro l’altro. Il problema della prescrizione, lievitato di giorno in giorno, è diventato una grana enorme. Renzi non molla, decide di andare avanti. Lo stesso fa Zingaretti e così su Palazzo Chigi aleggiano venti di crisi. Perché il leader di Italia Viva mette platealmente sul tavolo una mozione di sfiducia al Guardasigilli che significa dire addio al governo, già frenato dalla riluttanza dei grillini ad allearsi con i democratici alle prossime regionali. "Gli alleati hanno tenuto un atteggiamento assurdo – ripete il leader di Iv che ha riunito in serata i suoi al Senato – il congelamento dello stop alla prescrizione previsto dal lodo Annibali era un assist e non l’hanno colto, preferendo una mediazione pasticciata". Furioso con il senatore di Rignano, Conte avverte: "Quasi quasi meglio cercare un’altra maggioranza".

Intanto fa partire il tavolo di lavoro su Occupazione e Welfare: un modo per dimostrare che – al netto delle polemiche sulla giustizia – il premier procede con l’agenda per il 2023. D’altra parte, pure Zingaretti alza i decibel: "Renzi è diventato un estremista che frammenta il nostro campo a favore di Salvini". Al Nazareno non hanno dubbi: delle due l’una. "O Renzi bluffa, oppure, d’accordo con il Matteo leghista, vuole andare a votare ora con questa legge che prevede lo sbarramento del 3%".

Da notare, oltre tutto, che sono due treni lanciati uno contro l’altro nella nebbia. Non si capisce ancora su quale terreno si realizzerà lo scontro, ovvero quale strumento deciderà di usare il governo per tradurre in norma il "lodo Conte bis"; molto se non tutto dipende da quello. La strada dell’emendamento al Milleproroghe in discussione alla Camera è davvero impervia tanto che ancora non è stato presentato un testo. "Non credo che lo faranno", prevede Renzi. Però pure quella del decreto legge non è in discesa: al netto del fatto che quella penale non è materia da decreto, bisogna dimostrare che ci sono i requisiti di necessità e urgenza per farlo.

A meno di colpi di scena, peraltro, il consiglio dei ministri in cui discuterlo non si riunirà prima di domani. Ciò naturalmente non vieta che l’esecutivo trovi un escamotage: il piano C potrebbe essere quello di inserire l’emendamento nella proposta di legge dell’azzurro Enrico Costa (caldeggiata dalla stessa Italia Viva) che dovrebbe tornare in aula il 24. Un intervento che comporterebbe l’inserimento di una sospensiva della riforma Bonafede che non piace ai Cinquestelle. Senza contare che è in dirittura d’arrivo una sentenza della Consulta sulla Spazzacorrotti, la legge che ha abolito la prescrizione: in discussione non c’è la norma in questione, bensì la retroattività della stretta sui benefici per corrotti e corruttori ma nessuno dubita che getterà altro alcol sul fuoco.

Forse anche per questo, qualcuno ieri sera proponeva – per respirare un po’ – di inserire il lodo Conte bis in un disegno di legge, solo che i tempi per l’approvazione si allungherebbero, creando un enorme problema soprattutto al Pd. Perché la riforma Bonafede resterebbe in vigore così come è, e Renzi potrebbe rinfacciare al Nazareno il pessimo risultato di una linea politica "piegata" alle ragioni giustizialiste pentastellate.

Finora è sempre circolato un cauto ottimismo, ma adesso nella maggioranza è ben presente il rischio che nessuno dei contendenti riesca a scendere dal treno in corsa arrivando allo scontro finale, ovvero alla crisi. Al Senato, come è noto, i numeri dei giallorossi languono e un eventuale "no" di Italia Viva ad un provvedimento sponsorizzato dal resto della maggioranza porterebbe l’asticella a 158 senatori: solo un aiuto di un drappello di senatori del gruppo Misto o di qualche azzurro potrebbe mettere al riparo il governo. "Non vedo responsabili in giro", taglia corto Renzi. Di qui la preoccupazione del Colle che continua a ripetere ai protagonisti – dall’ex premier a Conte – che in caso di show down non ci sono alternative al voto.