Martedì 23 Aprile 2024

Su Colao il gelo di Conte e del Pd. "Il suo piano è solo aria fritta"

Il premier teme che l’iniziativa del manager possa oscurare gli Stati generali

Vittorio Colao (Imagoeconomica)

Vittorio Colao (Imagoeconomica)

Roma, 9 giugno 2020 - "Non mi occupo di convegnistica. Quando torneremo all’opposizione, e ci torneremo, mi studierò il piano Colao e anche come fare gli Stati generali. Quelli dell’opposizione". Con una battuta tranchant delle sue, l’ex presidente del Pd, Matteo Orfini, dice quello che la ‘pancia’ del Pd - e parte dei 5 Stelle – pensa del piano Colao. "Aria fritta", cioè. Ma soprattutto, il documento della task force guidata da Vittorio Colao e consegnato ieri al premier Conte in un incontro a palazzo Chigi che definire ‘freddo’, o ‘gelido’, è dire poco (Conte e Colao non si sono mai ‘presi’ davvero e l’atteggiamento di ieri lo conferma), ha generato forti malumori anche dentro tutto il governo.

A infastidire diversi esponenti dell’esecutivo è soprattutto il fatto aver letto il contenuto del documento dai lanci delle agenzie: ai ministri il dossier per il Rilancio 2020-2021, fino a ieri sera, non era ancora arrivato. "Parliamo di 53 pagine da ore note ai giornalisti e non a chi fa parte dell’esecutivo" dicono fonti di ministri dem e M5s che puntano il dito contro Palazzo Chigi, dove ieri sera è iniziata una nuova riunione ‘fiume’ tra Conte e i capi delegazione della maggioranza su quegli Stati generali che Conte ha messo sul piatto senza avvisare nessuno. Peraltro l’arrivo del piano Colao proprio alla vigilia di giovedì ne complica ulteriormente il cammino.

Il Pd, che ieri ha riunito la Direzione del partito, ne chiede "l’immediata e seria messa a punto" prima di "invitare gente a villa Pamphili solo per far fare passerella a Conte", dicono fonti parlamentari dem. Una frenata brusca, rispetto alla ‘fretta’ di Conte. Come dice Andrea Orlando a Graziano Delrio, in una pausa dei lavori di Montecitorio, "ci hanno abituato a studiare le cose, prima di proporle…".

E così, anche nella relazione del segretario – la prima volta di una Direzione dem in video-chat –, Zingaretti assicura che "non ci sono contrapposizioni con Conte, e non ci sono altri governi possibili né alternative alla collaborazione leale con gli alleati", ma avverte: all’azione di governo "serve uno scatto di qualità", perché bisogna affrontare "nodi e dossier ancora aperti" e qui la lingua batte dove il dente vuole: le tante crisi industriali aperte. Insomma, sul piano Colao è piombato il gelo dei dem. Anche quello di Dario Franceschini, da tempo ‘in rotta’ con Conte, di cui teme sia le velleità di costruirsi un partito sia le ambizioni di voler succedere a Mattarella, nel 2022.

Il piano Colao piomba come fulmine a ciel sereno anche a Montecitorio: il piano della task force "a occhio sembra una via di mezzo tra un libro dei sogni e una agenda per colmare ritardi del Paese vecchi di 50 anni", sibilano i dem. Le opposizioni, ovviamente, mordono subito ai polpacci il governo. Forza Italia, pur sempre ‘responsabile’, chiede dura che "Conte lo porti in Parlamento in versione integrale". La Lega lo liquida come se non esistesse e anche i ‘pierini’ di Italia viva ne parlano con il sussiego di chi ha pronto un piano (quello ‘shock’ di Renzi) "molto più concreto".

Morale: il piano Colao, per il Pd, fa il paio con quegli Stati generali che, avverte Zingaretti, "bisogna fare con rigore e tempi certi perché la Ue ci chiede rigore e piani seri". Il warning finale lo lancia il sottosegretario Andrea Martella: "Non c’è alternativa a questo governo, ma senza il Pd e la sua forza non ci sarebbe il governo". Conte è avvertito.

Le passerelle non risolvono: serve fare presto - di Raffaele Marmo