Roma, 2 luglio 2025 – Il piano carceri arriverà. Impossibile rinviare oltre dopo la sonora bacchettata del presidente della Repubblica, che peraltro non staffilava per la prima volta il governo sulla situazione inammissibile nelle carceri italiane. Il decreto della presidenza del Consiglio che traduce in norme il programma del ministro Carlo Nordio e del commissario straordinario per l’edilizia carceraria, Marco Doglio, arriverà entro “pochissimi giorni”, dicono a Palazzo Chigi, al massimo entro la fine di luglio, assicurano al ministero della Giustizia.

Ma cosa in dettaglio conterrà il Dpcm è ancora ignoto. Di sicuro farà partire il progetto di 384 nuovi posti letto entro il 2025 grazie all’ampliamento di 9 istituti penitenziari ad Alba, Milano, Biella, L’Aquila, Reggio Emilia, Voghera, Frosinone, Palmi, Agrigento. Si tratta di prefabbricati in calcestruzzo – la gara d’appalto si è chiusa ad aprile – per un costo di 32 milioni di euro finanziati dal Pnrr. Parlare di goccia nel mare sarebbe esagerato. Non è neanche quella: a fine maggio, secondo i dati di via Arenula, le persone detenute erano 62.761, per una capienza ufficiale di 51.296. Ma, sottolinea l’associazione Antigone, “i posti non disponibili per inagibilità o ristrutturazioni sono almeno 4.500”, dunque i posti realmente disponibili sarebbero 46.796. Insomma, se fosse tutto qui il governo non avrebbe neppure la faccia tosta di presentare il Dpcm al Capo dello Stato. Ci sarà altro. I bene informati dicono che il provvedimento dovrebbe prevedere altri 1.500 posti letto – sempre grazie ai moduli di calcestruzzo prefabbricati – che potrebbero lievitare fino a 4.000 anche con l’utilizzo di caserme dismesse. Il tutto, calcolano al governo, pagato con i soldi stanziati dal Pnrr. Ma non è detto che saranno poi costruiti in tempi molto brevi.
Edilizia a parte, Nordio si sta muovendo in altre direzioni. Prima di tutto, la detenzione differenziata per i detenuti tossicodipendenti. Da soli costituiscono la quota maggioritaria nella popolazione carceraria: circa un terzo. Dice Maurizio Gasparri, capo dei senatori forzisti: “Spero che il ministro della Giustizia e le altre autorità competenti accelerino l’attuazione e l’ammodernamento delle norme che consentono ai tossicodipendenti con condanne entro il tetto di sei anni, di scontare la pena presso una comunità terapeutica”. Già: ma quali comunità? E pagate come? Ecco le due incognite da sciogliere. Poi c’è il progetto del governo sugli immigrati: puniamoli a casa loro. Insomma, rinviamoli tutti nei loro Paesi. Data la situazione dei rimpatri e la scarsa disponibilità dei vari Paesi a riprendersi anche i più specchiati, l’ipotesi non sembra di facile attuazione.
A via Arenula si guarda anche verso un’altra categoria folta, i detenuti che hanno un lavoro esterno o sono in semilibertà, quelli cioè che in carcere ci passano solo la notte, ma un letto per loro va trovato. In questo caso si ragiona sulle caserme dismesse: e se li mandassimo tutti lì? Possibile, impossibile si vedrà. Infine il governo punta su una carta che coniuga due problemi: quello della giustizia e quello della detenzione. E cioè la custodia cautelare. Dato il numero esorbitante di detenuti in attesa di giudizio (più del 20% dei reclusi, ha ricordato lunedì il Guardasigilli), sfoltire la categoria con un intervento legislativo sarebbe un passo avanti, ma anche in quel caso i distinguo ci saranno e la strada è meno in discesa di quanto sembri.
Mettiamola così: l’esecutivo ha capito di dover fare i conti con un problema sempre denunciato e mai affrontato sul serio. È anche possibile di questo passo che si arrivi a quella che molti tecnici indicano come l’unica soluzione realmente efficace: la depenalizzazione dei reati minori. Peraltro non sarebbe neppure questa di semplice gestione.