Periferie, popolo, guerra alla casta. L'offensiva di Conte contro il Pd

Il leader grillino sempre più aggressivo sui temi che i Dem faticano invece a mettere a fuoco

Si sbrighi il Pd a fare il proprio congresso, e soprattutto si chiarisca le idee circa il rapporto che dovrà intrattenere con i Cinquestelle, altrimenti di qui al 20 febbraio, quando le primarie Dem avranno detto la loro, il nuovo inquilino del Nazareno rischiererà di entrare nella sede del partito e di non trovare più il partito. Comprendendo le difficoltà democratiche, Giuseppe Conte ha infatti iniziato ad alzarsi in volo e come un avvoltoio, o un’aquila a seconda dei punti di vista, si aggira su quanto resta del Pd. Politicamente, si intende. E non parliamo solo di sondaggi, che comunque sono impietosi, quanto di spazi politici. Che Conte intravede e non lascia ovviamente per strada.

In una settimana, il leader Cinquestelle ha incontraro non Letta, Bonaccini o la Schlein ma Bonomi e Landini, con i quali ha stabilito un indedito fronte anti-manovra (l’opposizione c’est moi), e ha iniziato a girare le mitiche "periferie" del Paese, quelle dove il Pd non prende un voto. I disoccupati del rione San Salvario a Torino, la periferia Sud di Milano, presto Bari e Palermo, sempre in quartieri difficili dominati dallo spaccio e dal degrado, edilizio e umano. Cui è seguita l’inedita scelta di seguire la prima della Scala non da uno dei palchi riservati alle autorità, in quelli ci va la casta, ma da un maxiscermo dell’Opera Cardinal Ferrari, un centro di accoglienza milanese che ospita persone in difficoltà. Sempre in favore di telecamera, sempre con fotografi al seguito, perché nell’era della comunicazione globale la mano destra deve sempre far sapere che cosa fa la sinistra. Poco importa se tutto appare un po’ falso come può essere il racconto di un ricchissimo avvocato che si fa riprendere in mezzo ai poveri, quelli di cui una volta non conosceva neppure l’esistenza. Rocco Casalino, l’uomo che più di altri sussurra a Conte, ha sempre contato sul fatto che la gente ha memoria corta, e dopo tutte le giravolte del passato, crederà a un signore che si toglie la pochette, si mischia in mezzo al popolo (non era forse l’avvocato del popolo?) e promette di dare una mano. Specie se quella mano ti da dei soldi chiedendoti in cambio, come unica cosa, di restare sul divano.

L’offensiva di Conte finisce così per rispecchiare come in un negativo fotografico le buone intenzioni e la cattiva coscienza del Pd. Le buone intenzioni di chi vuole recuperare spazio tra "le masse", come si sarebbe detto una volta, e la cattiva coscienza di chi sa che quelle masse resteranno ancora distanti. Il dibattito interno al congresso Pd, in fatto di masse, a Conte ha per dire dato indicazioni ben precise. Elly Schlein, in teoria l’anima più a sinistra, ha finito soprattutto per rappresentare un’agenda legata ai diritti, più somigliante a quella di un partito radicale di massa che a un partito corbiniano, o solamente laburista.

Conte no, sta sul generico come faceva quando sproloquiava in diretta tv sul Covid e per accontentare tutti ricorreva al celebre avvocatese, ma va dritto al punto: io sono qui e loro sono distanti. Loro sono quelli della sinistra ufficiale, i salotti, l’apparato, la casta. Anche a sinistra c’è una casta. Non peraltro rispolvera anche accenti del primo populismo grillino, promettendo di devolvere alle scuole il bonus di 5.500 euro dato dalla Camera ai deputati per comprarsi pc e telefonini. Furbescamente non parla di immigrati perché sa che nelle periferie non li possono vedere visto che prendono il welfare destinato agli italiani, almeno così credono, e non prospetta soluzioni, per il semplice motivo che non ne ha, replicando il solo schema che nelle ultime settimana della campagna elettorale gli aveva permesso di risalire la china dal dieci per cento dei sondaggi di fine agosto al 16 del 25 settembre: comodi, continueremo a farvi avere il reddito di cittadinanza.

Ma il punto paradossalmente non è Conte, che fa la sua partita con le armi che ha. Il punto è il Pd, sempre alla rincorsa di chi sta cercando di prosciugarlo (vedi il rifiuto grillino di non correre insieme nel Lazio, dove anzi Conte cerca di candidare qualche volto noto tv per far più male ai Dem) e dove almeno una parte della nomenklatura interna pensa ancora che Giuseppi sia il punto di riferimento della sinistra. Certo, lo pensa anche Conte. Solo che per l’avvocato del popolo il junior partener dell’alleanza sta in piazza del Nazareno. Gli ordini adesso li dà lui.