Pd, sospetti e veleni: "Zingaretti vuole farsi rieleggere"

Zingaretti mantiene la maggioranza dell’Assemblea che potrebbe riportarlo in sella. Il coro dei colonnelli: "Devi restare". Ma il passo indietro gli servirebbe a rompere l’assedio degli ex renziani e a piegare i gruppi parlamentari alla sua linea

Stretta di mano tra Goffredo Bettini, 68 anni, e il ministro della Cultura, Dario Francesc

Stretta di mano tra Goffredo Bettini, 68 anni, e il ministro della Cultura, Dario Francesc

Delle due l’una. O Zingaretti – schifato da tutti i suoi avversari, interni ed esterni al Pd, che mette alla berlina per uno "stillicidio che non finisce" contro di lui – vuole davvero ritirarsi nell’agro pontino e fare il Cincinnato, ma poi, magari, a ottobre, candidarsi a sindaco di Roma. Oppure l’obiettivo è assai più contorto.

Farsi rieleggere, per acclamazione, segretario del Pd per altri due anni dentro l’Assemblea nazionale che si terrà il 13 e 14 marzo e che Zingaretti e i suoi controllano manu militari. La mozione Zingaretti, nel parlamentino dem, che decide vita e morte dei segretari a prescindere dalle primarie, gode del 65% di partenza (Martina aveva il 22%, Giachetti il 12%) compresa Area dem di Dario Franceschini (10%). Il che vuol dire che ’Zinga’ vale, da solo, il 55% dei consensi. Le due ex aree di minoranza, però, non esistono più e i loro posti, dentro l’Assemblea (i membri sono mille), sono stati distribuiti, in modo proporzionale, a tutte le altre correnti.

Morale: Zingaretti sfiora, insieme a Orlando e Franceschini, il 77-80% dei voti, mentre Base riformista (in cui possiamo ricomprendere gli ex renziani), la minoranza capitanata dal ministro Lorenzo Guerini e da Luca Lotti, sta, a spanne, sul 16-18%.

Insomma, se Zingaretti si ripresentasse candidato alla carica di segretario, il voto, all’interno di un’Assemblea che si terrà in modalità ’virtuale’ a causa dei paletti anti-contagio, sarebbe, di fatto, un plebiscito.

Ma gli obiettivi di Zingaretti e delle sue dimissioni che, dentro la minoranza, vengono giudicate, nel migliore dei casi, da "irresponsabile" e, nel peggiore, da "giocatore di poker", potrebbero essere tanti e diversi tra loro. Ma coerenti, lucidi.

Il primo è ‘addomesticare’ gruppi parlamentari riottosi e anarchici che non ne vogliono sapere, di seguirlo. Poi, sostituire il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, ritenuto "più renziano di Renzi". Delrio potrebbe, invece, salvarsi, perché è 'gentile' nelle sue critiche e più in sintonia con il segretario. Ma i gruppi no: 20 senatori su 35 e 31 deputati su 95, senza contare la nutrita pattuglia dei Giovani turchi, sono di Base riformista e fanno la maggioranza relativa, dentro i gruppi dem, mentre gli zingarettiani sono pochi.

Il secondo obiettivo, quando si voterà per le politiche (al Nazareno pensano che si voti a inizio 2022), sarebbe quello di compilare liste affini, finalmente, al mood e al pensiero della triade che oggi regge il partito (Zingaretti-Orlando-Franceschini, ideologo e supervisor Bettini). Una triade che, a sua volta, persegue tre traguardi: stringere, ovunque, alleanze alle amministrative con M5s e LeU; mettere Conte a guida della coalizione dei Progressisti e, infine, presentarsi alle politiche con questa formazione. Last, but not least, il segretario dimissionario punterebbe a farsi rimettere in sella a metà mandato. Zingaretti, infatti, è stato eletto segretario, vincendo le primarie in modo trionfale a marzo del 2019, quindi scade a marzo 2023. Non mancano, va detto, i colonnelli che gli chiedono di restare.

E così fa anche quel popolo dem che sta inondando il Nazareno di mail e tweet in cui tutti si stracciano le vesti al grido "Nicola ripensaci, non ci abbandonare ai renziani". Farsi ’rieleggere’, dunque, servirebbe non solo a legittimarsi davanti a questo popolo ma anche a impedire agli ex renziani di ‘logorare’ il segretario e ottenere, in autunno, un congresso straordinario. Un modo come un altro, dunque, per fermare la discesa in campo del ‘campione’ di Base riformista, ma anche del ‘partito dei sindaci’ e di molti altri soggetti, Stefano Bonaccini, principale indiziato a contendere, a Zingaretti o a Orlando o chi per loro, la leadership del Pd. Meglio, molto meglio, trincerarsi nella ridotta di M5s&Leu.