Draghi, Zinga, ora Enrico: la base sbanda. "I giochi romani sono distanti da noi"

Viaggio nel popolo dem. Segretari di circolo disorientati, le federazioni faticano a spiegare ai militanti cosa sta succedendo

Militanti del PD durante la manifestazione di chiusura della campagna elettorale del Pd

Militanti del PD durante la manifestazione di chiusura della campagna elettorale del Pd

Roma, 11 marzo 2021 - "Noi qui ce l’abbiamo messa tutta per ricucire con i grillini e poi è il Pd a restare senza guida?". Se perfino la terra di Bibbiano, che fu protagonista dell’inchiesta sugli affidi dei minori su cui si martoriarono 5 Stelle e dem, mostra segni di sconcerto per il terremoto ai vertici dopo tutti i sacrifici fatti, vuol dire che per la base la misura ormai è colma. Smarrita, infastidita, preoccupata. Nei territori, fuori da quella che è percepita come "la politica dei salotti romani", i militanti ribollono a due giorni dall’assemblea che potrebbe incoronare Enrico Letta ennesimo segretario.

Sollievo se si arriva a una soluzione ma, dice il segretario provinciale dem di Modena, Davide Fava: "Vada a spiegarlo lei a un volontario l’assurdità di un segretario (Zingaretti, ndr ) che si è dimesso in una fase cruciale". "E con parole così dure per il suo partito", puntualizza Silvia Roggiani, segretaria Pd di Milano, dove "continua pur sempre l’attivismo dei volontari spaesati". La ferita brucia. Perfino nelle sezioni zingarettiane. "La gente – conferma Monica Salvadori dal feudo rosso Castelfiorentino – non capisce tutti questi passaggi".

I passaggi, in effetti, sono roba mica facile da digerire in poco tempo: l’alleanza strutturale coi grillini, mister Bce Mario Draghi (con Lega annessa), via ‘Er saponetta’ e ora il possibile ritorno di Letta, con Bonaccini sul chi va là per ottenere il congresso in tempi celeri. A Empoli, il 28enne coordinatore Lorenzo Cei, è arrabbiato: "C’è amarezza perché è l’ennesimo segretario che se ne va anzitempo, ma c’è anche fastidio verso la politica dei salotti romani. Anche il tema lanciato dal sindaco di Bologna, Virginio Merola, ossia ’il nuovo segretario calato dall’alto’, è cruciale. Basta con la retorica dei tesseramenti senza mai sapere cosa pensa la base".

Questo sconcerto si avverte particolarmente dove ancora si ricordano le invettive del neo alleato Luigi Di Maio. "Quello che bisogna capire – dice Gigliola Venturini, segretaria di Reggio Emilia – è che già non è stato facile spiegare ai nostri il governo Draghi, figuratevi l’impresa di far piacere l’operazione con i 5 Stelle, anche se giusta, nella terra di Bibbiano". Eppure, aggiunge Venturini, "noi lo sforzo lo abbiamo fatto e la base sta male per il ritiro di Zingaretti. Se arriva Letta però è un bene, più difficile è stare con chi riapre a Italia viva o ad alcuni berlusconiani". E come la mettiamo con gli ex renziani? Si arrangino, è il senso della risposta che arriva da più parti, in un partito che non ha mai superato la sindrome di Renzi.

Letta, l’anti-Renzi per forza di cose, nel 2017 scrisse a proposito della scissione che guardava attonito al cupio dissolvi del Pd. Nessuno degli interpellati sa dire se ci sarà una scissione (con gli ex renziani), di certo c’è che il sondaggista Antonio Noto stima un calo di altri due punti percentuali nel Pd, dopo le ultime svolte. Tania Cintelli, coordinatrice delle donne Pd in Toscana, invita a "stare sui temi" e già che c’è precisa: "Comunque non siamo state noi ad affossare Zinga, sebbene chiedessimo un partito più femminista".

Il problema è anche che proprio ora, alla vigilia di un’assemblea cruciale, il partitone non può incontrarsi, fisicamente, causa pandemia. "Viviamo giorno per giorno con una fatica immensa, perché il tesseramento con i circoli aperti e le feste dell’Unità ora non si possono fare", racconta sconfortato Fava da Modena. Gli ufficiali di collegamento Pd con i territori si attrezzano con dirette, webinair , fa sapere Luigi Tosiani, segretario provinciale di Bologna: "Noi siamo ancora il partito del popolo, altro che snobismo". Ma non deve essere facile elaborare tsunami politici come quelli degli ultimi tempi per militanti abituati da sempre a lavare i panni sporchi in famiglia, anche tra le cucine delle feste.