Roma, 6 marzo 2018 - Orlando e Emiliano, i leader delle due minoranze all’ultimo congresso (19% il primo, 9% il secondo). Cuperlo e Latorre, nomi di spicco. Il capogruppo al Senato Zanda. Non che non se lo aspettassero, i renziani, il fuoco di batteria degli anti-renziani «in servizio permanente effettivo, palesi e occulti», ma il plotone di esecuzione stavolta è bello grosso. D’altronde, sospira un pasdaran, «nel Pd il calcio dell’asino ha una tradizione».
Del resto, la scelta di Renzi di presentare delle dimissioni al rallenty, come provano a raccontarle i suoi, e non «dimissioni finte», come le bollano i suoi avversari, ha proprio l’obiettivo – spiega uno di loro – di «stoppare ogni tentazione, che già serpeggia: accodarsi a un governo con i 5Stelle, con la scusa che ‘il Colle lo vuole’, per garantire un governo al Paese, intascando in cambio una serie di prebende istituzionali». A partire dalla presidenza della Camera dove – dicono perfidi i renziani – «Franceschini sogna di sedersi dal 2013. Allora – ricordano – glielo impedì Bersani e lui subito lo tradì, passando con noi. Ma Dario è un traditore seriale e lo rifarà».
Franceschini, peraltro, ieri al Nazareno era «non pervenuto». Come il ministro Minniti e come anche il ministro Delrio, ormai in fredda con Renzi. Assenze notate. Ma i renziani, avviluppati nella sindrome del bunker, puntano il dito anche contro l’attuale inquilino di palazzo Chigi, Paolo Gentiloni: «Come Mattarella è ormai contro di noi, dietro l’attacco di Zanda, c’è lui». E allora vediamolo, questo fuoco di fila.
«Di fronte alla sconfitta più grave della storia della sinistra italiana del dopoguerra – dice il ministro Andrea Orlando – mi sarei aspettato una piena assunzione di responsabilità dal segretario che ha gestito in modo solitario la linea, organigrammi e candidature. Invece siamo alla soluzioni ambigua: le dimissioni non dimissioni». Sarà perché Renzi ha sterminato gli orlandiani, nella composizione delle liste? Michele Emiliano, governatore della Puglia: «Dalle sconfitte, specie se pesanti, bisognerebbe imparare, invece Renzi punta solo all’autoconservazione e finge di dimettersi». Ma Emiliano è sempre stato un contestatore del renzismo e il primo a chiedere l’intesa coi 5Stelle. Gianni Cuperlo, che ha persino rinunciato a candidarsi con un gesto nobile, ieri era al Nazareno ad ascoltare Renzi: «Il Pd deve cambiare molto, non solo il segretario, prima che sia troppo tardi». Magari Cuperlo è troppo risentito? Di certo lo è Nicola Latorre, lasciato fuori dalle candidature sicure: «Le parole del senatore Renzi (notare la perfidia, ndr)? Incomprensibili».
Chiude il fuoco di fila, appunto, un nome pesante, il capogruppo uscente al Senato, Luigi Zanda: «La decisione di Renzi di dimettersi e, insieme, di rinviare la data delle dimissioni serve solo a prender tempo. Le dimissioni o si danno o non si danno». Il ministro Anna Finocchiaro usa parole identiche. Guerini si sgola: «Quelle di Renzi sono dimissioni vere», ma il cerchio inizia a stringersi. Nel Pd, dopo il «partito di Gentiloni», sta per nascere, il «partito di Mattarella». Nomi che pesano e che hanno Renzi nel mirino.