Crisi Pd, viaggio nei circoli dimezzati dall'ultima batosta elettorale

A Vergaio, nella Casa del popolo di "Berlinguer ti voglio bene" tra imprecazioni e ricordi ci si divide ancora su Renzi: "Ha distrutto tutto". "No, ora servirebbe"

Alcuni militanti nel circolo di Vergaio, vicino a Prato

Alcuni militanti nel circolo di Vergaio, vicino a Prato

Vergaio (Prato), 5 ottobre 2022 - "Di Berlinguer ti voglio bene c’è rimasto solo i muri". La sfilza di bestemmie (che qui son “moccoli“) invece si ripete ancora viva, dev’essere una questione di Dna. Al circolo L’Unione di Vergaio, frazione – ormai estrema propaggine – a Ovest di Prato, son rimasti pochi resistenti a parlar di politica. La casa del popolo si è evoluta e allargata tra divanetti alla moda e lampade satellite. "Bisogna richiamare i giovani per fare un po’ di soldi che servono per campare, coi vecchi più che un caffè...", dice smagato il presidente del circolo Arci Silvio Macconi. Un centinaio gli iscritti al Pd, dimezzati nel giro d’un lustro. Erano in quindici resistenti alla riunione di iersera, di rigore prima di una direzione al Nazareno (qui si parla ancora di Botteghe Oscure, amarcord): "Tutte le volte che si perde si fa una scissione, ora basta", fa vorticare le parole con la forza di un tornado Tiziano Melani, presidente della casa del popolo. Usa un plurale collettivo che forse non c’è più, ma è la forza dell’abitudine. E di quel filino di speranza che non muore. "Basta anche con le poltrone, cominciamo a parlare da sinistra una volta per tutte". La sintesi è questa. Quel che è rimasto della base Dem non vuol mandare a monte: "Si tengano il simbolo e il nome e si riparta con Bonaccini". Punto.

Una delle scene iconiche del film-cult "Berlinguer ti voglio bene"
Una delle scene iconiche del film-cult "Berlinguer ti voglio bene"

Come il Cioni (Benigni) nel film che va per la cinquantina (è del ’77), qui l’imprecazione è la parola prima e forse ultima. Arriva così con un florilegio di frasi colorite, gli occhi blu e ottant’anni addosso, il "comunista": "Mi chiaman così perché son nato in un campo di granturco, i’ mi’ babbo era un partigiano e la mi’ mamma scappava dalle bombe: la bandiera rossa con la falce e il martello stesa a terra m’è rimasta appiccicata", racconta Roberto Targioni. Ce l’ha con Renzi "che ha distrutto il partito". Ancora. E ce l’ha forse un po’ con tutti. L’ironia è un marchio di fabbrica. Lo riprende il Macconi: "Invece uno come Renzi ora ci servirebbe eccome, per far fuori tutte le correnti: chi ci sta è dentro, gli altri fuori". Dialoghi da sopravvissuti. "Qui son morti tutti, i bei tempi sono andati. I giovani votano quello che gli pare, il leader del momento: era l’ora della Meloni, toccava a lei", fa Enrico parlando a voce tesa nel giardino dove del film di Bertolucci si girò la scena del ballo e del tormento di Mario-Benigni avvisato della morte di mamma all’altoparlante. "Anche gli anziani preferiscono giocare a carte, quante promesse andate". Insomma di politica si parla poco e malvolentieri. Dà di gomito il "comunista": "Hai voglia te, anche tanti vecchi qui hanno votato quella che abbaia e quello che promette mille euro di pensione minima: ma che l’hai mai visti, te?".

 

Alcuni militanti nel circolo di Vergaio, vicino a Prato
Alcuni militanti nel circolo di Vergaio, vicino a Prato

Se Vergaio resta un simbolo, quasi un ricordo che scolorisce sul far della sera, anche nel resto della Toscana le sezioni Pd si prosciugano di iscritti e nelle case del popolo si va per compagnia. "Qui si parla di calcio, delle bollette e della guerra", dice Lorenzo che invece è cresciuto a pane e Berlinguer. "Ora si va con Bonaccini: è l’unico che ha un po’ di verve. Per carità non per togliere nulla a Letta che non pareva parlasse male, ma tanto a questo giro si perdeva lo stesso". C’è molto disorientamento, al di là del risultato che alla fine era previsto. "Il timore è che si rifaccia come sempre, che si discuta su due o tre nomi, figure che presentano proposte che nessuno degli iscritti legge, poi si vota con le primarie per simpatia", dice Roberto Caini, ex storico presidente del circolo Andrea Del Sarto a Firenze. Fa da collettore delle richieste della base: il Pd avrebbe bisogno di uno statuto nuovo, le primarie che avevano senso alla sua fondazione, probabilmente non ne hanno più. "Bisogna finalmente decidere chi siamo e dove vogliamo andare", bacchetta il gruppo dirigente. Serve coraggio? È ormai logora consapevolezza che la fusione a freddo tra Ds e Margherita non ha funzionato e che questo partito sia ancora alla ricerca di un’anima e di un’identità. Finirà con sei personaggi in cerca d’autore? "Servirebbe un congresso vero, lungo quattro o cinque mesi, coinvolgendo tutto il partito". C’è chi è per l’alleanza con Renzi-Calenda, chi per quella con i Cinquestelle. Ma le alleanze arrivano dopo. "Prima ritroviamoci, anche le discussioni sul simbolo e sul nome verranno poi". È un momento difficile. Anche nelle case del popolo fiorentine il nome di Bonaccini è sulla bocca di tutti. "Elly Schlein qui non lo sanno nemmeno pronunciare, lo storpiano". Con il timore che il nome non risolva il male. E con la paura più grande che a risolvere il male "facendo tornare Ds e Margherita ognuno a casa propria" si finisca per perdere tutto. Caini si riscalda e s’addolora. "Sapete che c’è? Alla base manca un’indicazione del gruppo dirigente: questo silenzio è imbarazzante".