Primarie a Roma: Pd al voto con l’incubo assenteismo. Si temono il caldo e la nazionale

Nella Capitale esito scontato, a decretare il successo sarà il numero dei votanti: si punta a quota 50mila

Enrico Letta, 54 anni, con Roberto Gualtieri, classe 1966

Enrico Letta, 54 anni, con Roberto Gualtieri, classe 1966

Il vincitore annunciato, l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, l’uomo che il Partito – dopo i molti dubbi iniziali di Enrico Letta, che voleva candidare il governatore Nicola Zingaretti – ha scelto per un compito assai arduo e una missione quasi impossibile (riconquistare Roma, strappandola alla Raggi e al centrodestra) mostra granitiche certezze o "si allarga", come si dice a Roma: "Ci aspettiamo tanti votanti domenica, più delle ultime primarie del 2016".

Ora, se, davvero, domani, almeno 50mila romani andranno nei gazebo, oltre alla possibilità di votare online, sarà più che un successo, un miracolo. A Torino hanno votato in 11 mila. I romani, poi, hanno ben altro per la testa. La città è già semideserta, "domenica ci saranno 35 gradi e tanti andranno al mare, se non ci sono già", si lamentano al Nazareno, come se, di solito, nei fine settimana di giugno, a Roma fosse inverno... E poi ci si mette anche la scalogna. O, meglio, quella che al Nazareno chiamano "la sfortunata concomitanza con la partita della Nazionale" che dovrebbe fare polpette del Galles (ma pensarci prima, a leggere il calendario degli Europei, no?).

E così, se le primarie del centrosinistra capitolino non saranno il bagno di folla immaginato dal Pd, ma anzi un flop, i colpevoli ci sono già: clima e pallone, mettono le mani avanti nel Pd romano dove stanno rivedendo assai al ribasso le stime. Fino alla scorsa settimana, le previsioni dem rimbalzavano erano che "con 50 mila votanti sarà un successo, a quota 70 mila sarebbe un trionfo". Da ieri il ritornello è cambiato: "Se votano in 40 mila siamo soddisfatti, ma pure 35 mila va bene".

Di certo saranno meno dei 42 mila che nel 2016 incoronarono Roberto Giachetti come sfidante della grillina Virginia Raggi e molti di meno dei 100mila che scelsero, nel 2013, Ignazio Marino. Il quale, da giorni, punge il suo ex partito che lo scaricò, costringendolo a ignominiose dimissioni: "Il Pd ha chiesto di ritirarsi a tutti i candidati dem che potevano mettere in pericolo la vittoria di Gualtieri. Incluse donne come Monica Cirinnà". E ancora: "Le primarie così non hanno senso. Andranno a votare in pochi, spinti dai candidati a presidente. Roma è divisa in 15 municipi: a mille elettori ciascuno alla fine saranno ventimila". Un pronostico fosco il suo anche sul voto in autunno: "La competizione, quella vera, il Pd non è che la perde: neanche la vede. Non ci vuole una scienza infusa per capirlo: è chiaro che al ballottaggio arriverà il candidato della destra e la Raggi".

In effetti, il vincitore acclarato delle primarie, Gualtieri, avrà vita assai dura: se la deve vedere con la sindaca uscente, Virginia Raggi (due liste), il centrodestra che candida il duo Michetti-Matone, ha un profluvio di liste (di partito e non) e Carlo Calenda, che gode di ottimi sondaggi. Infine, paradossalmente, Gualtieri deve temere anche le primarie. Tra i sette ‘nanetti’ in corsa (Imma Battaglia i diritti Lgbqt, il deputato di LeU, Stefano Fassina per la sinistra-sinistra, l’ex 5Stelle Cristina Grancio per il Psi, Paolo Ciani per Demos-Democrazia Solidale, e il più giovane di tutti, Tobia Zebi, membro della comunità ebraica) c’è uno forte. È Giovanni Caudo: presidente del III Municipio ed ex assessore all’Urbanistica, sponsor d’eccezione proprio Ignazio Marino. Un sondaggio lo dà oltre il 20% e Gualtieri sotto il 50%. Con la bassa affluenza, sarebbe un disastro.