Parità di genere, no del Senato al linguaggio inclusivo

L'emendamento non ha ottenuto la maggioranza assoluta per l'approvazione. Insorto il Pd per l'esito del voto. Valente: "Gravissimo". Cirinnà: "Lotteremo con forza"

L'aula del Senato (Ansa)

L'aula del Senato (Ansa)

Roma, 27 luglio 2022 - Il linguaggio ufficiale del Senato non osserverà la parità di genere. L'Aula, infatti, ha respinto l'emendamento a prima firma Alessandra Maiorino, senatrice del M5s, che prevedeva l'introduzione del linguaggio inclusivo in tutte le comunicazioni di Palazzo Madama e quindi chiedeva la possibilità di adottare la differenza di genere nella comunicazione istituzionale scritta.

La proposta ha ottenuto nell'aula di Palazzo Madama 152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti, ma non è stata raggiunta la maggioranza assoluta richiesta per approvare l'emendamento.

Linguaggio di genere: cos'è

Bocciato un emendamento che avrebbe aperto la porta a termini come "Sindaca", "Ministra" o qualsiasi altra terminologia che oggi viene utilizzata nella maggior parte dei casi al maschile, nonostante ci siano comunque delle eccezioni (fuori dal Senato, in questo caso), in cui vengono tali parole vengono declinate al femminile.

Sul testo dell'emendamento si legge: "Il Consiglio di presidenza stabilisce i criteri generali affinchè nella comunicazione istituzionale e nell'attività dell'amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l'adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l'utilizzo di un unico genere nell'identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne". Inoltre , la norma specificava che spetta alla Giunta per il regolamento formulare proposte per l'adeguamento del testo.

Le reazioni

A insorgere per l'esito del voto è il Pd: "Respinto con voto segreto l'emendamento per introdurre nel Regolamento del Senato la parità di genere nel linguaggio ufficiale. La senatrice Monica Cirinnà, responsabile Diritti del Pd, ha scritto in un tweet: "Respinto con voto segreto l'emendamento per introdurre nel Regolamento del Senato la parità di genere nel linguaggio ufficiale. Se questo è l'anticipo del nuovo Parlamento, abbiamo un motivo in più per lottare con forza. La nostra Italia crede nell'eguaglianza".

"Ciò che è avvenuto oggi al Senato è gravissimo. Fratelli d'Italia con la complicità di tutta la destra ha manifestato cosa pensa del ruolo delle donne nella società, chiedendo il voto segreto sull'emendamento che avrebbe consentito di utilizzare la differenza di genere nel linguaggio ufficiale di un'istituzione importante come Palazzo Madama. I nodi vengono al pettine", ha detto la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della commissione Femminicidio. "Il linguaggio è un fattore fondamentale di parità". 

Simona Malpezzi, presidente dei senatori del Pd: "La destra chiede il voto segreto per affossare l'emendamento per introdurre nel Regolamento del Senato la parità di genere nel linguaggio ufficiale. Questa è la destra reazionaria che vuole guidare il Paese: per loro le donne non esistono neanche nel linguaggio".