Paolo Cirino Pomicino: "Un centro pasta frolla senza aggettivi né qualità"

Il vecchio leone Dc: ormai si usa il termine come fosse un cartello stradale

Paolo Cirino Pomicino, classe 1939, napoletano,

Paolo Cirino Pomicino, classe 1939, napoletano,

Napoli, 26 luglio 2022 - "È solo un chiacchiericcio non all’altezza dei bisogni del Paese". A parlare è Paolo Cirino Pomicino, ex ministro del Bilancio e cavallo di razza della Dc. Uno di quelli che di centro ne ha masticato e argomentato a lungo, tanto da diventare un osservatore arguto e senza peli sulla lingua. "La verità è che in questi mesi si usa questa parola come se fosse un cartello stradale".

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Eppure c’è un affollamento mai visto verso questa collocazione, quasi si avvertisse la necessità di smarcarsi da centrodestra e centrosinistra.

"Quello che abbiamo di fronte è un centro senza aggettivi e senza qualità. Attenzione: non è un problema di definizione, ma di contenuti perché il centro non può che essere liberale o popolare. Al di là di queste due grandi famiglie non può che trascinarsi un centro tartufesco e paesano a cui affluiscono tutti i soggetti che oggi dicono di essere centristi, e mi riferisco a Toti, Calenda, Renzi, Di Maio, Brunetta, Gelmini, Brugnaro, Quagliariello e così via. Tutti amici personali, ma tutti aggrovigliati da 30 anni in un ginepraio personalistico".

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Che cosa rimprovera a tutti questi esponenti politici?

"Il fatto che manchi in ciascuno di loro la decisione di assumere, come punto di riferimento e aggregazione, una cultura politica. Se noi siamo popolari o liberali, ci definiamo tali, non ci chiamino Azione o Insieme o Italia Viva o Identità e Azione. È la dimostrazione che questi sono incerti anche su chi sono veramente. Lo ripeto: posto in questo modo il centro non ha alcun significato politico".

Come spiega allora la corsa a costruire movimenti di centro?

"Alla base ci sono interessi personali e personalissimi".

Non crede neppure alla possibilità di un cartello elettorale di centro?

"Il cartello elettorale dei 10 piccoli indiani avrebbe un senso se almeno poggiasse su una cultura politica comune. Sarebbe povero di numeri, ma forte di ideali. Invece questi sono deboli nei numeri e assenti nella dottrina politica".

Qualcuno immagina una aggregazione di centro che si avvicina al 25-30 per cento. Lo ritiene possibile?

"È il solito scherzo dei sondaggisti che si divertono a chiedere a destra e a manca. E poi si fa il sondaggio su quello che c’è, non su quello che si immagina potrebbe esserci. Questo centro è pastafrolla".

Eppure si dice che il centro potrebbe essere la vera sorpresa del 25 settembre perché offrirebbe agli elettori moderati una scelta nuova tra la destra sovranista e la sinistra che ruota intorno al Pd.

"Io ho assistito in questi mesi a un crescendo del processo di frantumazione del centrodestra e del centrosinistra. Ma non vedo all’orizzonte un processo di ricomposizione culturale e politica. E sa perché? Perché nessuno ha fatto una vera riflessione sul disastro di questi 28 anni di Seconda Repubblica. E nessuno, compresi questi nuovi centristi, si è veramente impegnato a far risorgere quelle due culture, popolare e liberale, che costruirono l’Italia repubblicana e l’Europa comunitaria. Questo è l’Abc se si vuole far rivivere il centro".

E invece? "Invece si creano piccoli movimenti finalizzati alla composizione di liste la cui costruzione ruota intorno a tre criteri: familismo, sesso e amore. Anche in quelli che appaiono i più avanzati, il meccanismo è sempre lo stesso: candido il cognato, l’amica, l’amante".

Hanno ereditato molti esempi in questo senso…

"Eh, già. La verità è che non è contagioso solo il Covid, ma anche un costume che fa prevalere l’interesse personale su quello del Paese. Questo significa che i partitini di centro hanno una statura molto modesta. Penso che saranno presto alla canna del gas e, visto il sistema maggioritario, li immagino a trattare in ginocchio con centrodestra o con Pd. E il centro finirà per essere la solita illusione".