ELENA G. POLIDORI
Politica

L’opposizione ci riprova: fronte comune sulla sanità. Ma il M5S non ci sta. Silvestri: idee, non alleanze

Ieri la prima riunione. Sul tavolo un disegno di legge ed emendamenti alla Manovra. L’obiettivo è coinvolgere anche Italia Viva. Crescono i malumori nel Movimento. Il capogruppo alla Camera: il collante non può essere prendere qualche voto in più

Francesco Silvestri, capogruppo alla Camera del M5S
Francesco Silvestri, capogruppo alla Camera del M5S

Roma, 13 settembre 2023 – Onorevole Francesco Silvestri (capogruppo alla Camera del M5S), Conte ha detto: “Non voglio che il titolo sia ‘Conte chiude la porta in faccia a Elly Schlein’, ma un accordo strutturale non ha senso”. Ma perché non ha più senso un’alleanza strutturale con il Pd?

"Perché dobbiamo parlare di contenuti e non di alleanze che sanno di meri cartelli elettorali. Noi vogliamo creare un’alternativa chiara a queste destre e per farlo non serve parlare di quali simboli sono vicini su una scheda, ma delle battaglie che condividono. Per noi si deve partire dalla lotta al caro vita, dalla giustizia sociale, dalla salvaguardia dell’ambiente e dall’aprire reali negoziati di pace per porre fine alla guerra in Ucraina. In politica a fare la differenza non sono le buone intenzioni, ma i fatti. È su questo che misuriamo la possibilità di lavorare con altre forze che sono all’opposizione del governo Meloni".

Dunque l’alleanza giallorossa non è concretamente realizzabile perché, si sostiene, i ‘cartelli elettorali’ non funzionano e voi non volete essere gli junior partner del Pd. Ma andare in ordine sparso, in vista delle prossime elezioni, regionali ed Europee, è forse meglio?

"La cosa migliore è essere credibili agli occhi dei cittadini e per questo serve essere coerenti e non sacrificare le proprie idee alla ricerca di qualche poltrona. Chi vota il Movimento 5 Stelle sa che battaglie affronta, nelle Aule e nel Paese. Quindi il tema non è essere da soli o in compagnia, ma per cosa ci si impegna. Dietro l’approccio del M5S non ci sono calcoli elettorali, ma la precisa volontà di dar vita a un programma che sia tenuto insieme da una visione politica condivisa. Il collante delle forze progressiste non può essere quello di prendere qualche voto in più, ma di vincere le elezioni per attuare quei cambiamenti di cui i cittadini e il nostro Paese hanno estremo bisogno. Su questo non possono esserci compromessi al ribasso".

In sostanza, rifiutate fin la richiesta di lanciare un segnale fatta dalla segretaria del Pd Schlein? Proprio sicuri?

"Il Pd ha avuto un importante processo di trasformazione e negli ultimi mesi si è avvicinato alle nostre posizioni su temi come il salario minimo e il reddito di cittadinanza. Quando ci sono stati i margini per lavorare insieme lo abbiamo sempre fatto e non ci siamo mai tirati indietro, sono questi i segnali che il Movimento 5 Stelle ha lanciato al Pd e che interessano al Paese. Onestamente credo che ci sia troppa attenzione sul nostro rapporto con il Partito Democratico e troppa poca sulle ragioni che dovrebbero vederci insieme. Ribadisco, si sta insieme quando ci sono le ragioni per farlo. Non perché così ci si sente meno soli".

In questi ultimi tempi sembra che il M5S sia in cerca di un’identità politica perduta. Che cosa è successo al vostro interno che non consente al vostro elettorato oggi di riconoscervi?

"Non condivido questa lettura. La nostra identità è estremamente chiara, così come la nostra capacità di incidere. Da mesi si parla di salario minimo, reddito di cittadinanza, extra-profitti, salvaguardia ambientale e superbonus, tutti temi di matrice del Movimento 5 Stelle e che indicano una identità netta. Chi lo nega, nega l’evidenza. Tante volte ci hanno dato per finiti, ma non è mai successo. Il Movimento è radicalmente ancorato alla società e la dimostrazione viene da vertenze come quella che abbiamo condotto sui mutui. Noi sappiamo cosa succede fuori dal Parlamento e ci spendiamo per dare voce a quelle persone che una certa politica non vede e che chiama in causa solo quando gli serve il loro voto. Mi permetta di dire che i partiti senza identità sono altri, a cominciare da quelli che la ricercano nel Rinascimento dell’Arabia Saudita o da quelli che hanno passato la campagna elettorale ad agitare lo spauracchio dell’insicurezza e che oggi tolgono 6 miliardi di euro del Pnrr alle periferie e al contrasto al degrado sociale".