Nuovo governo, ecco la strategia del Quirinale

Niente fretta e governo unitario: Mattarella vuole un esecutivo in grado di scrivere la Finanziaria. I colloqui con i partiti potrebbero iniziare dopo Pasqua Governo di scopo, tecnico o del Presidente. Cosa sono (e differenze) Elezioni 2018, appello di Mattarella: "Ora serve responsabilità"

Il presidente Sergio Mattarella, ecco la sua strategia per il nuovo governo (Newpress)

Il presidente Sergio Mattarella, ecco la sua strategia per il nuovo governo (Newpress)

Ma cosa  vuol fare, invece, Sergio Mattarella? L’aria che si respira al Colle è l’esatto contrario della voglia di chiudere al più presto la partita che gli viene attribuita in qualche retroscena. Dato che – ragionano al Colle – i due vincitori non vogliono fare i conti con la realtà (né il partito arrivato primo, i 5Stelle, né la coalizione arrivata prima, il centrodestra hanno i numeri per governare) l’idea è di far decantare la situazione, quasi che i due partiti che sbandierano i loro candidati premier e i loro programmi debbano sfogarsi, piantando le loro bandierine. Inoltre, al Quirinale non hanno "alcuna fretta" di accelerare il timing delle consultazioni.

Le Camere si riuniranno per la prima volta il 23 marzo, e come prima cosa dovranno eleggere i loro presidenti (compito non facile, specie a Montecitorio), costituire i gruppi parlamentari, eleggere i capigruppo. Complice il ponte Pasquale, che cade dal 30 marzo al 1 aprile, Mattarella potrebbe decidere di attendere ancora un po’ e far slittare l’inizio delle consultazioni al 2 aprile. Insomma, il Colle vuol costringere i partiti – tutti i partiti, da FI al Pd, che direbbero certo di sì, a Lega e M5S, che non potrebbero dire di no – ad appoggiare quel governo di scopo e/o istituzionale (guai però a chiamarlo del Presidente: Mattarella è un parlamentarista rigoroso e convinto) che appare, al Colle, l’unica strada percorribile. 

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Un governo che dovrebbe varare la legge di Bilancio, in autunno, e portare il Paese a nuove elezioni nel 2019, ovviamente dopo aver scritto una nuova legge elettorale. Un governo, quindi, con un’ampia, o amplissima, base parlamentare e retto da partiti che indicherebbero ministri di area mentre individuare il premier spetterà al Colle. Altro che governo delle astensioni o della non sfiducia, come furono i tre governi Andreotti nel 1976-‘79. Mattarella, allievo di Moro, non pensa a quell’esempio ma a tutt’altra formula: il governo di collaborazione tra Dc e Pci del secondo dopoguerra, quando partiti che avevano visioni strategiche (e ideologiche) opposte del mondo dovettero collaborare perché bisognava tirar fuori il Paese dalla devastazione.

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