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Dice Giuseppe Conte il giorno dopo che Luigi Di Maio gli ha portato via metà del suo M5s: "Noi siamo una comunità - ha arringato i suoi durante la riunione congiunta di ieri sera - siccome i principi del M5s e i valori, noi abbiamo scritto una carta di principi e valori condivisa, se oggi lui (Di Maio, ndr) li rinnega lui rinnega la sua storia personale". E ancora: "Noi abbiamo dei progetti politici precisi e degli obiettivi... Chi ci sta, bene. A partire dal PD, con cui c’è già un dialogo in corso. Per noi la politica non è stringere mani". Staffilate, colpi bassi, "perché Di Maio non si può permettere di infangare il nome del M5s, ma non chiederò le sue dimissioni da ministro". Ecco, per Conte è difficile, oggi, rialzarsi da una sconfitta politica che lo vede ora con da una parte Grillo furibondo, dall’altra mezzo Movimento che gli ha voltato le spalle. E ancora da una parte i sospetti degli alleati, dall’altra le pressioni interne perché anche lui dia una zampata, o in direzione del governo o del ministro degli Esteri. Insomma, l’ex premier è sotto scacco e meno male che c’è la sua truppa di fedelissimi che si alterna al suo fianco nella sede del Movimento, dove per tutto il giorno riunisce il suo "gabinetto di guerra". Tra le fila pentastellate, del resto, cresce la voglia di dare un segnale all’esterno e di discontinuità. Lo stesso Conte non si nasconde il problema: "Noi nel governo ci siamo e ci saremo fino a che saremo in grado di tutelare gli interessi dei cittadini e continuare le nostre battaglie" avverte il presidente prefigurando al prossimo incontro - "un confronto in settimana" - con Draghi, una serie di nuovi paletti per garantire il sostegno dei 5 stelle al ...
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