Ignazio La Russa, 75 anni

Roma, 30 dicembre 2022 - Non  si può accusare Giorgia Meloni di nascondersi dietro le mezze parole. Rivendica apertamente e con passione sincera: "Msi ha avuto un ruolo importante nella storia repubblicana, quello di traghettare verso la democrazia milioni di Italiani usciti sconfitti dalla guerra". Non era affatto scontato che prendesse una posizione così esplicita e anche così onesta. Per certi versi, nella conferenza stampa fiume di ieri proprio questa domanda, riferita a un passato lontano e non alle tante difficoltà del presente, era la più insidiosa. Non a caso, nei giorni passati, i pettegolezzi di Palazzo descrivevano una premier inferocita con il presidente del Senato, Ignazio La Russa e la sottosegretaria alla difesa, Isabella Rauti – esponente di spicco di FdI ma anche figlia del fondatore di Ordine nuovo, Pino Rauti – che avevano festeggiato i 76 anni del Msi con post celebrativi. Colpita al cuore, in particolare dalle critiche indignate della comunità ebraica appena una settimana dopo l’abbraccio con la presidente di quella romana, Ruth Dureghello, che sembrava sancire un vero disgelo. Invece... invece, Giorgia sceglie di mettere da parte ogni prudenza e di esporsi con quel coraggio che ha citato ieri infinite volte replicando al fuoco di fila dei giornalisti. "È stato un partito della destra repubblicana, ha partecipato alle elezioni del presidente della Repubblica, è stato pienamente presente nelle dinamiche democratiche, è arrivato al governo prima del congresso che lo trasformò in Alleanza nazionale. Uno può condividere o no, ma è stato un partito dell’Italia democratica e repubblicana". Le argomentazioni della leader di FdI sono sensate. In fondo, la scelta da parte dei padri della Repubblica, comunisti inclusi, di permettere la nascita del Msi era finalizzata proprio a creare uno sbocco democratico e istituzionale per i fascisti sconfitti. Operazione nel complesso coronata da pieno successo. Nonostante i confini con le aree neofasciste più dure fossero a volte labili, il Movimento sociale è stato effettivamente un partito democratico. Anche senza contare l’arrivo al governo nel ’94 con Silvio Berlusconi, quando la trasformazione in Alleanza nazionale era di fatto già decisa, Msi è stato presente per decenni in molte amministrazioni locali, ha partecipato – a volte in modo determinante all’elezione di alcuni inquilini del Quirinale, come ricorda Giorgia, e lo stesso Pci, quando nel 1975 fu lanciata una campagna per mettere il partito di Almirante fuori legge, evitò accuratamente di partecipare. Difende le sue origini e, allo stesso tempo senza esitare un secondo, Giorgia Meloni annuncia che parteciperà alle celebrazioni del 25 aprile. È una contraddizione solo apparente: quando afferma di non avere radici affondate nel ventennio la premier, classe 1977, è sincera. Ma se si parla del Movimento sociale italiano è tutt’altro paio di maniche. Il nume tutelare di FdI non è Benito Mussolini, ma Giorgio Almirante invece sì. La premier è decisa a completare il definitivo affrancamento della destra italiana dall’eredità del fascismo, ma le radici missine quelle non ha alcuna intenzione di rinnegarle. Al contrario è convinta che il vero padre di una destra radicale e democratica non sia Gianfranco Fini bensì il segretario simbolo del Msi.

Politica

Roma, 30&nbsp;dicembre 2022 -&nbsp;Non si può accusare Giorgia Meloni di nascondersi dietro le mezze parole. Rivendica apertamente e con passione sincera: "Msi ha avuto un ruolo importante nella storia repubblicana, quello di traghettare verso la democrazia milioni di Italiani usciti sconfitti dalla guerra". Non era affatto scontato che prendesse una posizione così esplicita e anche così onesta. Per certi versi, nella conferenza stampa fiume di ieri proprio questa domanda, riferita a un passato lontano e non alle tante difficoltà del presente, era la più insidiosa. 
Non a caso, nei giorni passati, i pettegolezzi di Palazzo descrivevano una premier inferocita con il presidente del Senato, Ignazio La Russa e la sottosegretaria alla difesa, Isabella Rauti – esponente di spicco di FdI ma anche figlia del fondatore di Ordine nuovo, Pino Rauti – che avevano festeggiato i 76 anni del Msi con post celebrativi. Colpita al cuore, in particolare dalle critiche indignate della comunità ebraica appena una settimana dopo l’abbraccio con la presidente di quella romana, Ruth Dureghello, che sembrava sancire un vero disgelo. Invece... invece, Giorgia sceglie di mettere da parte ogni prudenza e di esporsi con quel coraggio che ha citato ieri infinite volte replicando al fuoco di fila dei giornalisti. "È stato un partito della destra repubblicana, ha partecipato alle elezioni del presidente della Repubblica, è stato pienamente presente nelle dinamiche democratiche, è arrivato al governo prima del congresso che lo trasformò in Alleanza nazionale. Uno può condividere o no, ma è stato un partito dell’Italia democratica e repubblicana". 
Le argomentazioni della leader di FdI sono sensate. In fondo, la scelta da parte dei padri della Repubblica, comunisti inclusi, di permettere la nascita del Msi era finalizzata proprio a creare uno sbocco democratico e istituzionale per i fascisti sconfitti. Operazione nel complesso coronata da pieno successo. Nonostante i confini con le aree neofasciste più dure fossero a volte labili, il Movimento sociale è stato effettivamente un partito democratico. Anche senza contare l’arrivo al governo nel ’94 con Silvio Berlusconi, quando la trasformazione in Alleanza nazionale era di fatto già decisa, Msi è stato presente per decenni in molte amministrazioni locali, ha partecipato – a volte in modo determinante all’elezione di alcuni inquilini del Quirinale, come ricorda Giorgia, e lo stesso Pci, quando nel 1975 fu lanciata una campagna per mettere il partito di Almirante fuori legge, evitò accuratamente di partecipare. 
Difende le sue origini e, allo stesso tempo senza esitare un secondo, Giorgia Meloni annuncia che parteciperà alle celebrazioni del 25 aprile. È una contraddizione solo apparente: quando afferma di non avere radici affondate nel ventennio la premier, classe 1977, è sincera. Ma se si parla del Movimento sociale italiano è tutt’altro paio di maniche. Il nume tutelare di FdI non è Benito Mussolini, ma Giorgio Almirante invece sì. La premier è decisa a completare il definitivo affrancamento della destra italiana dall’eredità del fascismo, ma le radici missine quelle non ha alcuna intenzione di rinnegarle. Al contrario è convinta che il vero padre di una destra radicale e democratica non sia Gianfranco Fini bensì il segretario simbolo del Msi.

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