Giovedì 18 Aprile 2024

Milleproroghe 2018, dalle banche alle intercettazioni: cosa prevede

"Più peso alle banche locali". Bcc, il governo ritocca la riforma

Il premier Conte tra i ministri Bonafede e Tria (Lapresse)

Il premier Conte tra i ministri Bonafede e Tria (Lapresse)

Roma, 25 luglio 2018 - Riveduta e corretta la riforma delle banche di credito cooperativo voluta da Renzi, azzerata quella delle intercettazioni. Con il varo del decreto Milleproroghe, il governo ieri ha aggiunto 90 giorni ai 3 mesi già previsti per l’adesione alle tre holding Iccrea, Cassa centrale Banca e Raiffeisen delle cooperative locali. Nei fatti non si tratta di dare solo più tempo per firmare i «patti di coesione», cioè i contratti con cui le banche si collegano fra loro e la capigruppo (da notare che lo slittamento al 31 ottobre riguarda anche la trasformazione della popolare di Sondrio e di Bari in Spa), ma pure di correggere alcuni passaggi del sistema precedente, allentando un po’ i vincoli e dando più attenzione all’autonomia locale. In linea con le richieste arrivate soprattutto dalle piccole banche del Nord-est e rilanciate dalla Lega, tanto che qualcuno vede dietro gli interventi la mano del sottosegretario Giorgetti ancorché sia noto che questo è un campo carissimo ai 5 stelle.

Magari la formula «è una riforma della riforma» utilizzata dal premier Conte è esagerata, ma alcune modifiche ci sono e vanno tutte nel senso di aumentare il peso delle banche cooperative rispetto alla capigruppo, in difesa della “italianità”: «Viene rafforzato – spiega il ministro dell’Economia Tria – il carattere mutualistico di banche strettamente legate al territorio e con una finalità molto specifica». Così, il consiglio dei ministri ha deciso di alzare «fino al 60%» (dall’attuale 50% più 1) la quota minima del capitale della capogruppo che dovrà essere detenuta dalle banche di credito cooperativo aderenti: la possibilità di ridurre questa soglia in caso di necessità potrà essere decisa solo da un decreto della presidenza del consiglio e non su semplice delibera del dicastero dell’Economia, come previsto prima. Non basta: la metà più due dei componenti dei Cda dei gruppi bancari «dovranno essere espressione delle banche aderenti» dice ancora Tria; la Bce avrebbe invece avrebbe voluto dare più peso a manager esterni. Ancora: le linee strategiche saranno decise sì dalla capigruppo in consultazione con le banche, che avranno maggior autonomia nella definizione dei rispettivi piani.

Molto più drastico l’intervento dell’esecutivo sulle intercettazioni. Formalmente è soltanto un rinvio di sei mesi per l’entrata in vigore, ma il ministro della giustizia Bonafede dice chiaramente che della legge varata dal governo Gentiloni non resterà niente: «Impediamo che venga messo il bavaglio all’informazione. La riforma Orlando era stata scritta in concomitanza con il caso Consip per impedire ai cittadini di ascoltare i politici indagati. Noi riscriveremo la norma». Non spiega come procederà ma Giulia Sarti – presidente grillina della commissione giustizia della Camera – non lascia adito a dubbi: «Le intercettazioni vanno potenziate». Insorge il Pd: Renzi va giù durissimo. «La riforma delle intercettazioni è lanciata nell’agosto del 2014 e nessuno di noi si aspettava la vicenda Consip. Il ministro “Bonafede-malafede“ potrebbe invece venire in Aula e riferirci cosa si diceva con Lanzalone, oggi privato della sua libertà personale». Critica anche Forza Italia: «La riforma non ci convinceva ma ancor meno ci piace il chiarissimo e tragico intervento del Guardasigilli: trasformare il Paese in una riserva di caccia per le procure», afferma Sisto. Al contrario, per Bonafede i magistrati rischiavano di essere danneggiati da un provvedimento «che rendeva difficile portare avanti le indagini in modo efficace». Non stupiscono gli applausi dell’Associazione nazionale magistrati: «Il nostro grido d’allarme è stato ascoltato», osserva il presidente dell’Anm, Minisci. Sicuramente soddisfatti i diciottenni: tra le proroghe, anche quella del bonus cultura per il 2018.