Venerdì 19 Aprile 2024

Fenomenologia del "tribuno" Michetti

Sconosciuto ai più, è in testa ai sondaggi per la corsa a sindaco di Roma con il centrodestra. Noto per le trasmissioni radiofoniche, segno che la gente ancora non si fida dei politici e preferisce chi la spara grossa. Anche se di governo non sa niente

Enrico Michetti (Ansa)

Enrico Michetti (Ansa)

Forse non accadrà mai e il suo nome non uscirà dal grande raccordo anulare, è comunque singolare che in testa a tutti i sondaggi tra i candidati alla poltrona a sindaco di Roma in quota centrodestra (e anche tra i rumors in eventuali ipotesi di accordo) figuri un personaggio oscuro ai più, certamente ai non romani e in ogni caso abbastanza poco noto anche a Roma, conosciuto soprattutto per le sue intemerate nelle frequenze locali della Capitale. Esternazioni a pioggia, un po’ su tutto, che lo hanno fatto ribattezzare come «il tribuno della radio». Enrico Michetti, 55 anni, non è passato agli onori delle cronache romane per le sue attività di avvocato amministrativista e professore, quanto perché ormai personaggio radiofonico grazie alla sua abilità comunicativa a tutto campo, una via di mezzo tra Gianfranco Funari e un Andrea Scanzi di centro-destra, capace di intervenire su tutto, dalla riforma della costituzione al Covid passando per la Champions League, e poco importa se la competenza specifica, a parte i temi di cui davvero si occupa, ricalca più che altro il buon senso o il comune sentire. In tempi di grillismo morente, quando ormai la gente ha capito che l’uno più uno non vale più, specie in una città dove il fallimento del grillismo si è toccato con mano, l’idea Michetti potrebbe essere una candidatura fuori tempo massimo, una sorta di moneta fuoricorso.

Ma al di là di come finirà, la storia di Michetti e della sua quasi-discesa in campo a una delle poltrone più importanti del Paese (il sindaco di Roma equivale a un ministero di fascia AAA+) racconta molto. La povertà della classe dirigente di cui dispone il centrodestra in una di quella città che dovrebbe considerare come propria, per cui incassati una serie di no da personalità certamente più preparate a governare rispetto a quanto lo possa essere un esperto di diritto amministrativo bravo a parlare per radio ci si butta su qualcuno solo perché va bene nei sondaggi; la debolezza di una società civile, che rispetto a una corsa così importante esprime figure in fondo di secondo piano, con tutto il rispetto possibile per «The voice» Michetti; e infine anche qualche considerazione sui cittadini, gli elettori o coloro che rispondono alle domande dei sondaggisti. Non si deve gettare la croce sempre e solo sui politici. Non sempre la maggioranza ha ragione a prescindere. Se il carneade Michetti, uomo senza un programma, una collocazione politica, un’idea compiuta ed espressa di città, è primo nei sondaggi, davanti a due ex ministri (Calenda e Gualtieri) e ad altri politici di centrodestra, vuol dire che in molti ragionano ancora più che altro per il sentito dire. Il grillismo sarà (quasi) morto, ma quelli che cinque anni fa votarono la Raggi sono ancora lì.