
Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron
Roma, 29 maggio 2025 – La data è da segnare sul calendario. Il 3 giugno, giorno dei cugini d’oltraggio, più che d’Oltralpe. Ma conviene non ironizzare troppo, perché le incomprensioni che corrono da tempo tra Roma e Parigi sono roba seria. Soprattutto, non fanno bene a una Ue tagliata fuori dalle trattative sulla guerra in Ucraina e minacciata dai dazi. Martedì, dunque, Emmanuel Macron sarà ricevuto a Roma da Giorgia Meloni "per un incontro di lavoro" chiesto, a quanto si apprende, dall’Eliseo. Il giorno prima, festa della Repubblica per l’Italia, a Istanbul potrebbe tenersi il secondo ciclo di colloqui Russia-Ucraina e Trump, cestinata la favoletta della "pace in 48 ore", spera ancora di incontrare Putin. La distanza Macron-Meloni è diventata siderale proprio sul tipo di sostegno da dare a Kiev (con i militari per la Francia, senza impegno dell’esercito per l’Italia). Memorabile la foto del 16 maggio in Albania con i leader di Francia, Regno Unito, Germania e Polonia assieme a Zelensky e al telefono con Trump.
Quell’immagine, forse meno storica del faccia a faccia in San Pietro tra i presidenti dell’Ucraina e degli Usa, è comunque rimbalzata ovunque. E l’Italia non c’era. Meloni fuori (volutamente) dai Volenterosi, esclusa in ogni caso da chi incide di più in un’Europa che conta quasi nulla per Mosca, Washington, Pechino. Un brutto scioglilingua. E sono volate parole grosse tra Parigi e Roma. La premier, complici gli incontri per Leone XIV, ha poi messo allo stesso tavolo Vance e von der Leyen, ha cucito rapporti di rilievo con Merz, ha fatto di tutto per essere il "ponte" tra Trump e l’odiata (da lui) Bruxelles. Macron ha tentato di essere la guida dei non-sovranisti europei, si crede ancora un re Sole, ma è politicamente indebolito in patria e, ironia della sorte, perfino costretto a giustificare la sberla di sua moglie. Macron e Meloni hanno tentato finora di rubarsi la scena a vicenda, sono distanti ideologicamente, le tensioni economiche a colpi di scalate ostili tra i due Paesi non si contano più. Ma il 3 giugno converrebbe che i due “M“ mettessero finalmente davanti a tutto il bene dell’Ue.