Domenica 15 Giugno 2025
ELENA POLIDORI
Politica

Meloni "Facciamo di più"

Martina, uccisa dall’ex a 14 anni "Le norme non sono sufficienti" .

Martina, uccisa dall’ex a 14 anni "Le norme non sono sufficienti" .

Martina, uccisa dall’ex a 14 anni "Le norme non sono sufficienti" .

L’indignazione e il dolore per il femminicidio efferato di Martina Carbonaro, la 14 enne di Afragola uccisa a colpi di pietra dal fidanzato 19 enne Alessio Tucci ha scosso profondamente anche la premier Giorgia Meloni, madre di Ginevra, che oggi ha sette anni. Ieri la premier ha scritto un post molto partecipe su X, dal quale si intuisce anche la preoccupazione per l’espansione di un fenomeno, quello appunto dei femminicidio, al quale sembra sia impossibile trovare un argine. "Alla famiglia di Martina va il mio abbraccio, pieno di dolore e vicinanza – ha scritto Meloni – alla Giustizia il compito di intervenire con la massima severità. Alle Istituzioni il dovere di non voltarsi dall’altra parte. Sono molti i provvedimenti che abbiamo approvato finora per tentare di fermare questo male, ma dobbiamo essere consapevoli che le norme non saranno mai sufficienti se non daremo vita ad una profonda svolta culturale e sociale. In questi anni dei passi in avanti sono stati fatti, ma evidentemente non basta. Dobbiamo fare di più, tutti insieme. Per Martina. Per tutte". Il post, dal tono molto personale, è arrivato però anche per rispondere implicitamente all’appello lanciatole ieri dalla leader del Pd, Elly Schlein, che era andata dritta al cuore – politico – del problema: "Almeno su questo, almeno per il contrasto alla violenza di genere mettiamo da parte lo scontro politico e proviamo a far fare un passo avanti al Paese".

Meloni, a quanto sembra, sente il problema e vuole fare la sua parte: "Martina aveva solo 14 anni – si legge ancora nel post – aveva la vita davanti, i sogni, le amicizie, la scuola. Le è stata tolta con una violenza che lascia senza fiato, uccisa brutalmente da chi diceva di volerle bene. Un delitto spietato, che colpisce nel profondo ogni genitore, ogni cittadino, ogni essere umano. La sua morte ci sconvolge. Ci impone di guardare in faccia un male profondo, che non possiamo né ignorare né normalizzare: la violenza cieca e possessiva che troppo spesso si abbatte sulle donne, anche sulle più giovani".

Una svolta culturale, dunque, è la chiave di volta, secondo la premier, per arrivare a frenare il fenomeno, ma anche una giustizia che intervenga con la massima severità. A questo proposito il governo ha presentato il ddl che introduce la fattispecie di reato autonomo di femminicidio, punita con l’ergastolo, ma la misura non convince in alcun modo chi si occupa dei casi di femminismo dal punto di vista giuridico.

Tant’è che ottanta giuriste, capitanate da Maria Virgilio e Silvia Todini Cagli dell’Università di Bologna, hanno scritto un appello al governo perché fermi l’iter della misura, considerata come una delle "strumentalizzazioni populistiche" utili "più per accreditare l’impegno del legislatore che per offrire risposte effettive ed efficaci" ad un problema serio. Le penaliste presenteranno il loro appello in commissione Giustizia in Senato. "Poi lo invieremo a governo, a Parlamento e Ministero della Giustizia. Vogliamo aprire un dibattito" spiegano, appunto, Virgilio e Tordini Cagli. L’obiettivo? Migliorare il testo e rendere ancora più capillare la legge per contrastare (e prevenire) i femminicidi, per cambiare cultura e combattere la violenza contro le donne. "Quello che non convince è che manca del tutto la parte relativa alla prevenzione – spiega Virgilio – come anche la Convenzione di Istanbul invita a fare. Così si rischia di fare propaganda. Lo vediamo nei paesi sudamericani, dove il reato di femminicidio esiste ma i casi sono numerosissimi e l’introduzione della norma non li ha limitati".

Un cambiamento di cultura che, tuttavia, dovrebbe partire dalla scuola dove, però, quando si parla di educazione sessuale e sentimentale per gli alunni fin dalle primarie, la voce dell’Esecutivo non appare univoca. Il ministro dell’Istruzione Valditara, ha infatti introdotto l’insegnamento ‘facoltativo’ della materia, imponendo tuttavia agli insegnanti di chiedere il consenso alle famiglie prima di parlare di sesso. "Il provvedimento – ha detto il ministro – prevede che i genitori siano pienamente informati sulle iniziative didattiche che affrontano temi delicati come la sessualità". Servirà "il consenso scritto e preventivo dei genitori" ha proseguito, altrimenti "la scuola dovrà offrire agli studenti un’attività formativa alternativa".