Roma, 3 luglio 2025 –
È il primo vero incontro. Giorgia Meloni e il nuovo Pontefice si erano già incrociati in due occasioni, ma senza mai scambiare più di qualche parola al volo. Ieri la premier ha avuto modo di conoscere papa Leone XIV e, a ruota, di trattare alcuni temi fondamentali con il Vaticano nel successivo confronto con il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, e il segretario per i rapporti con gli Stati Paul Richard Gallagher, allargato ai vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini e al sottosegretario Alfredo Mantovano.
Quando tutto è compiuto, lei commenta sui social: “È stato un piacere e un onore essere ricevuta in udienza da Sua Santità”. E con “molto piacere” l’accoglie il padrone di casa. Più di mezz’ora dura il colloquio nella Biblioteca privata del palazzo apostolico, e si conclude con uno scambio di doni: Meloni consegna al Papa una veduta seicentesca della Chiesa dei Santi Domenico e Sisto e dell’antico monastero domenicano che ospita l’Angelicum, l’Università intitolata a San Tommaso d’Aquino dove Leone XIV ha studiato. Il Pontefice contraccambia con un libro su Sant’Agostino.
L’interrogativo più importante, quello che attiene ai rapporti tra la premier italiana e cattolica e il Papa, è destinato per ora a rimanere inevaso: è troppo presto per andare oltre un reciproco prendersi le misure. Con il predecessore, nonostante alcune distanze politiche, si era creato un rapporto profondo di simpatia e dimestichezza. Quanto sia possibile riprodurre quel modello con il più freddo Robert Prevost è da vedere. Per quanto concerne le relazioni bilaterali tutto è filato liscio: “Nei cordiali colloqui” conferma il comunicato della Sala stampa della Santa Sede, sono state sottolineate “le buone relazioni esistenti” tra i due Stati. Il Vaticano ottiene un risultato importante sull’8 per mille: dopo la protesta della Cei per l’aggiunta “in modo unilaterale” della lotta alle tossicodipendenze nelle sotto-caselle previste per l’utilizzo dei fondi attribuiti allo Stato, il governo si dice disponibile a concedere alla Chiesa la possibilità di inserire altrettante sotto-caselle, in modo da rendere equa la proposta al contribuente.
All’indomani della presentazione in Senato del disegno di legge sul fine vita, il tema finisce sul tavolo. La formula messa a punto dal governo soddisfa la Chiesa nella parte in cui rafforza le cure palliative e non va oltre i confini segnati dalle sentenze della Corte costituzionale. Ma l’esclusione del Servizio sanitario nazionale lascia le gerarchie ecclesiastiche in sospeso: sia il Pontefice che Parolin avrebbero dubbi sulla necessità implicita di ricorrere sempre e solo al privato. Un accenno all’emergenza climatica e all’intelligenza artificiale, argomenti cari a papa Leone XIV, e poi si passa ai dossier internazionali: si parla di guerra in Ucraina, a Gaza, di tutte le aree di crisi. Sulla pace l’accordo è a metà: Prevost è convinto che si debba puntare sulla diplomazia, rilancia Roma come sede per le mediazioni di pace, Giorgia concorda. Ma sul riarmo la posizione del Papa è opposta a quella della premier, è della serie si vis pacem para pacem anziché para bellum. Si tratta di una divaricazione più apparente che sostanziale.
Nonostante le citazioni in latinorum tutti sanno che il governo italiano avrebbe preferito evitare l’onere di un riarmo che come tutta l’Europa ha subito e non scelto. Ultimo capitolo, da sempre centrale per il Vaticano, la lotta contro la fame: la premier illustra il summit sulla sicurezza alimentare che si terrà a fine luglio in Etiopia cui lei prenderà parte. Papa Leone XIV non perde l’occasione per riprendere l’argomento guerra, ricorda ciò che succede Gaza e insiste sull’impossibilità di scindere le due piaghe: guerra vuol dire sempre anche fame. Prima di salutarsi la premier suona un tasto fondamentale per tutti i presenti: l’importanza della libertà religiosa e la tutela delle comunità cristiane in Medio Oriente.