Sabato 19 Luglio 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Meloni a caccia di soluzioni

La lunga giornata della premier. Tra diplomazia e l’allerta sicurezza. .

La predente del Consiglio Giorgia Meloni è nata a Roma 48 anni fa

La predente del Consiglio Giorgia Meloni è nata a Roma 48 anni fa

Più di ventinovemila: 29.377. Tanti sono gli "obiettivi sensibili" individuati dai responsabili delle forze dell’ordine, dell’intelligence e della cybersicurezza che si sono riuniti ieri al Viminale. Di questi, la parte del leone la fanno le infrastrutture: 10.399. Quindi, massima allerta nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti, nei porti in considerazione dell’arrivo in Italia di migliaia di turisti americani nelle prossime settimane, anche in virtù del Giubileo visto che il nuovo Pontefice, Leone XIV, è un loro connazionale. Un salto di qualità e di quantità rilevante rispetto a quando, fino a 24 ore fa, si trattava di garantire la sicurezza solo degli obiettivi ebraici. Oltre alle vigilanze rinforzate da mesi per ambasciate, centri commerciali e luoghi di richiamo turistico (Vaticano compreso) sono state blindate le basi militari dove lavorano circa 12mila soldati Usa. Ecco il punto focale di questa domenica di giugno: la sicurezza, l’organizzazione della sorveglianza e protezione di un numero tanto alto di obiettivi per eventuali ritorsioni terroristiche contro target americani orchestrata dall’Iran ma anche frutto di alzate di testa di lupi solitari. "Le prossime 48-72 ore saranno delicate", conferma il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Di qui la lunga riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal titolare dell’Interno, Matteo Piantedosi. Incontro preceduto, in mattinata, da un vertice del Comitato di Analisi strategia Antiterrorismo. La sicurezza è la preoccupazione più urgente, ma non l’unica né la più angosciosa.

Donald Trump non ha avvertito preventivamente del blitz il governo: a farlo, l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei. La premier si è affrettata subito a convocare un vertice in videocall a Palazzo Chigi con i due vicepremier, i ministri Piantedosi, Crosetto e Giancarlo Giorgetti, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, i servizi segreti. Sul tavolo l’emergenza pre-bellica (aiutare i nostri connazionali a lasciare in sicurezza i luoghi del conflitto), ma anche l’emergenza economica. Se l’Iran decidesse di chiudere lo stretto di Hormuz sarebbe un disastro per tutti, ma per l’Italia persino più degli altri: gran parte (45%) del gas lo compriamo in Qatar ed è lì che passa. "Si deve assolutamente evitare l’allargamento del conflitto", il mantra della premier e dei partecipanti alla riunione. Sul tavolo anche il nodo delle basi Nato in Italia. Se gli Usa le chiedessero dire di no sarebbe impossibile, ma – ragionano al governo – inutile fasciarsi la testa prima che sia rotta: se ne parlerà solo se sarà strettamente necessario e a Chigi sono convinti che non servirà.

Naturalmente Giorgia Meloni ha sentito diversi leader internazionali – da Merz a Macron passando per Starmer – nonché i principali attori delle regione: dal primo ministro saudita al presidente degli Emirati Arabi Uniti. Condividendo con loro la necessità di riprendere rapidamente i negoziati e giungere a una soluzione politica della crisi. Anche se nella situazione data l’Italia e l’Europa possono fare poco, se non aspettare eventi sui quali non hanno alcun controllo. Ovviamente ha fatto il punto anche con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e risposto con piacere alla telefonata di Elly Schlein: la speranza è fare asse con il Pd almeno sulla necessità di una difesa europea.

Oggi alle tre del pomeriggio, Meloni farà la relazione alla Camera in vista del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno: è inevitabile che sia il summit Nato di domani che l’euro-vertice discutano della crisi mediorientale. Ma chi si aspetta una posizione netta sull’attacco americano è destinato a restare deluso. La premier è decisa a tentare un difficile esercizio di surf sulle onde, in equilibrio tra ribadire la posizione europea,che esclude ogni possibilità di proliferazione nucleare e quella, sempre europea ma sponsorizzata sin dall’inizio dall’Italia, che punta sulla de-escalation.