Maurizio Martina, chi è il candidato alle primarie Pd (renziano critico)

Lombardo, classe 1978. Di rientri da quel che fu LeU non vuol sentir parlare

Maurizio Martina (LaPresse)

Maurizio Martina (LaPresse)

Roma, 27 febbraio 2019 - Algido, non sorride (quasi) mai. Rigido nella camminata, sostiene, dopo aver partecipato appieno alla stagione renziana, di "aver capito". Dicono alcuni esegeti che lui avrebbe capito ciò che gli italiani non volevano. Ma sicuramente è un’interpretazione sbagliata perché se un politico, anche implicitamente, fa capire di aver sbagliato allora è meglio si ritiri. Invece, no. Maurizio Martina, già reggente  del Partito che fu a vocazione maggioritaria, vuole provarci a diventarne il numero 1.

Una specie, se abbiamo compreso perché non è facile capire le alchimie di contenitori fusi a freddo come il Pd, di "continuità nella discontinuità". Un concetto che può sembrare un papocchio eppure sempre valido in politica. Sì, perché loro possono dire (loro, i lorsignori della politica) che l’importante è prendere il meglio del passato e "guardare al futuro".

Lombardo duro e puro - il che spiega il viso sempre serio e concentrato -, Martina ha avuto un debole per il teatro (pur essendo la sua recitazione in pubblico non trascinante a detta dei soliti maligni), la vita dei campi, la politica. Definirlo "liberista" forse è troppo, ma, di fatto, per Martina l’economia di mercato è un faro da seguire per non perdersi nell’agitato mare della politica. Un mercato magari tosato (il Nostro ama spesso rifarsi al grande socialista Palme chissà quanto a ragione), ma pur sempre un mercato.

LA PASSIONE PER IL MONDO AGRICOLO - Si diceva della sua passione per la terra. Abbiamo peccato di semplificazione. Martina, infatti, è un apassionato del mondo agricolo cui vuole dare il suo contributo. Quando, nel governo pre-disfatta 4 marzo 2018, guidava il dicastero delle politiche agricole, dicono non stesse mai fermo. Era sempre in giro – di solito indossando una delle sue camicie bianche che tanto bene gli stanno data la proverbiale magrezza – da agricoltori, pastori, apicoltori. Una passione infinita. A ogni pié sospinto parlava di agricoltura, di istituti agrari, di come tornare ai campi (non alle officine) fosse la chiave di volta per far ripartire l’Italia. Perché (anche se della passione teatrale poco si sa di quel che è rimasto) Maurizio ha sempre coltivato quella passione. Sin da giovane.

GLI ESORDI IN POLITICA - Un curriculum chiaro. Classe 1978, ha seguito il cursus di ogni buon funzionario di partito. È stato anche leader della Sinistra giovanile in anni in cui la sinistra, quella lombarda in particolare, era in crisi profonda. Martina vanta anche una presenza nel consiglio comunale di Mornico al Serio e un triennio al Consiglio regionale della sua amata e mai rinnegata Lombardia. Poi, il grande salto: Roma. Non prima di essere stato un giovane segretario del Pd (lombardo). Poi, ecco Roma, la sua gente, la sua Montecitorio. Città, dicono, da lui non amatissima. Che lombardo è e tale vuol rimanere.

RENZIANO CRITICO - Già renziano di ferro, ha poi attenuato, durante la reggenza, questo sentimento. Diciamo che è diventato un renziano critico appoggiato da renziani di prima fascia come, a esempio, Lorenzo Guerini, potentissimo nel partito o in quel che resta di un partito nato a freddo nel lontanissimo 2007. Di rientri da quel che fu LeU non vuol sentir parlare (anche di Pier Luigi Bersani che pure ammira) e sui grillini se la cava con una generica volontà di recuperare gli elettori (sarebbe curioso dicesse il contrario, ma è secondario). Lui corre da una parte all’altra d’Italia sempre sorridendo poco. E insiste: ho capito. Vedremo se quel che resta del popolo dem ha capito lui. Questione di numeri, il 3 marzo. Questioni di contenuti, comunque vada, dopo. E lì, nei contenuti, sta il problema. Perché il contenitore - un partito radicato sul territorio - da tempo pare frantumato. In mille pezzi. Dispersi nello spazio cosmico.