Il travaglio del Pd, Cacciari: "Ci sarà la scissione. Meglio tornare a Ds e Margherita"

Il filosofo: procedura normale per la sinistra. "Niente nomi, l’attuale gruppo dirigente deve presentarsi dimissionario. Ma per avere un futuro il partito di oggi è fuori tempo massimo"

Roma, 15 novembre 2022 - Decisamente non è uno che le manda a dire. Il Pd è a rischio scissione? "Rischio!? Nella sinistra è una procedura normale". Primo colpo. Il nome del nuovo segretario? "Non mi interessa". E due. Quale soluzione alla crisi del maggior partito del centrosinistra? "Forse tornare a uno schema Margherita-Ds". La quarta stoccata: "Congresso a marzo, gennaio o febbraio? Nulla da dire...". Massimo Cacciari, filosofo imprestato alla politica, figura di primo piano del dibattito culturale, non si tira indietro. E risponde con brutale franchezza sui travagli dei democratici.

Professore, ma il Pd è davvero un partito?

"Tutti i partiti dei Paesi occidentali si sono andati trasformando in comitati elettorali, o hanno assunto la fisionomia di “movimenti” con caratteri più o meno accentuatamente demagogico-populistici. Sono tendenze comuni di fondo, non so quanto reversibili".

Un destino, sembra di capire...

"Certo, il Pd ha seguito appunto questo destino, che comporta anche l’irresistibile pulsione verso la ricerca del Capo salvifico, la ricerca del consenso per le doti del Capo e lo sgretolamento di ogni effettiva leadership collettiva, che era il modo di essere dei partiti tradizionali. Ciò ha conseguenze ovviamente nefaste sulla qualità e la competenza dei gruppi dirigenti".

Non sarà che l’origine del caos sta nella famosa “fusione a freddo“ del 2007?

"Non si può neppure parlare di “fusione a freddo” poiché la nascita del Pd è lunga e travagliata – in fondo l’idea viene dall’Ulivo, passa attraverso le esperienze dell’Asinello prodiano e della Margherita, nonché un lungo dibattito interno nei Ds. Non si tratta di fusione a freddo o a caldo, ma della mancanza di una autentica critica e auto-critica da parte delle culture politiche che davano vita al nuovo partito e della definizione di una comune destinazione (nonché dell’assoluta rimozione di un discorso sull’assetto interno, sulla struttura del partito stesso)".

Duello Bonaccini-Schlein. È credibile?

"Non mi interessa il nome del segretario – uno vale l’altro se il metodo rimane quello: non mettere in discussione come si è giunti all’attuale débâcle e credere di risolvere tutto con congressi di due mesi che si risolvono nella nomina di un nuovo segretario o, meglio, di una nuova segretaria. Ma le lezioni Renzi o Zingaretti non dicono niente?".

Il rischio scissione esiste davvero?

"Rischio? Mi sembra che sia la “procedura” normale per la cosiddetta sinistra (non solo nazional-popolare). Chissà, a questo punto, forse tornare a uno schema Margherita-Ds non sarebbe neppure il male peggiore. Almeno si riconoscerebbe onestamente il proprio fallimento e da questa onesta constatazione si potrebbe più seriamente ripartire".

È d’accordo con chi dice che i valori della sinistra sono passati a destra?

"Stupidaggini. La verità è che la perdita di identità culturale e strategica riguarda ogni forza politica (anche qui, non solo nazionale) e ciò produce contaminazioni, confusioni, ibridi di tutti i più indigeribili tipi".

Quale futuro per il Pd?

"Il futuro del Pd dipenderà da come le questioni suddette saranno affrontate. Ma per avere un futuro proprio in quanto attuale Pd forse siamo ormai fuori tempo massimo".

Quale ruolo per la cosiddetta “sinistra interna“ di Orlando e Bettini?

"Orlando e Bettini sono in toto corresponsabili della situazione del Pd e dei suoi risultati. È l’attuale gruppo dirigente in solido che deve presentarsi al Congresso dimissionario – ma quale Congresso sarà? quello “tra loro”?".