Giovedì 25 Aprile 2024

Manovra 2020, chi ci guadagna e chi ci perde. Famiglie dimenticate

Dal mini-taglio del cuneo al mancato assegno unico dei figli, c’è poco per imprese e famiglie

Il ministro Gualtieri e il premier Conte (Ansa)

Il ministro Gualtieri e il premier Conte (Ansa)

Roma, 13 ottobre 2019 - Al netto del mini-taglio del cuneo fiscale, la manovra per il 2020 lascerà a secco famiglie e imprese: la maggior parte degli interventi promessi appare infatti destinata a essere ridimensionata o rinviata. Il tema più rilevante, messo in cantiere da settimane ma impossibile da realizzare a breve, riguarda l’assegno unico per le famiglie. Dal ministro Elena Bonetti sono arrivati molteplici annunci sul Family Act, con l’intervento per i nuclei numerosi al centro. Ma, come ha spiegato il vice ministro dell’Economia, Antonio Misiani, al massimo si potrà mettere in pista un disegno di legge-delega per il riordino delle misure esistenti.

Complicato anche l’incremento dei congedi parentali per i genitori. Mentre è tutta di là da venire l’annunciata abolizione del super-ticket su visite e analisi. E, ugualmente, si tratterà di vedere gli effetti, per il ceto medio, dei possibili interventi di revisione dei ticket sanitari e delle detrazioni fiscali. Al dunque, il pacchetto famiglia potrebbe limitarsi all’aumento dei fondi per gli asili nido, volti alla costruzione di nuove strutture e ad azzerare le rette per i redditi bassi. E alla proroga di misure esistenti in scadenza, come i vari bonus sulla casa e il bonus bebè.    Lo stesso criterio vale per l’altrettanto magro pacchetto per le imprese. A parte il cosiddetto Green new deal, il piano pluriennale per gli investimenti ambientali e sostenibili, tutto comunque da costruire e attuare, il massimo dello sforzo a sostegno delle imprese consiste nella proroga o nel rinnovo d’incentivi e misure dei governi Renzi e Gentiloni: dai crediti d’imposta per formazione e ricerca o per innovazione e digitalizzazione del piano Industria 4.0 al cosiddetto iperammortamento sui macchinari. 

Anche per le imprese e per le partite Iva, a fronte del magro bottino, si contano le promesse mancate. Oltre alla possibile stretta sulla flat tax del 15% per i redditi fino a 65mila euro, non scatterà la fase due, che prevedeva l’aliquota del 20% per i ricavi da 65 a 100mila euro. Stop anche alla riduzione di Ires e altre imposte sulle attività imprenditoriali. Niente da fare anche per l’anticipo dell’intera deducibilità dell’Imu sui capannoni che, contrariamente alle richieste delle imprese, scatterà solo dal 2023. E partirà a breve il giro di vite sulle compensazioni tra debiti e crediti tra imprese e Stato.