Mercoledì 18 Giugno 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Macron e Meloni più vicini

Tre ore di colloquio fra i due leader. Al centro Trump e le iniziative di Merz. .

Tre ore di colloquio fra i due leader. Al centro Trump e le iniziative di Merz. .

Tre ore di colloquio fra i due leader. Al centro Trump e le iniziative di Merz. .

Sembrava dovesse essere un incontro quasi rituale. In tutto accuratamente preparato in anticipo dalla diplomazia di Palazzo Chigi e dell’Eliseo. Non è così. A sorpresa Giorgia Meloni e Emmanuel Macron si chiudono nella studio della premier a Palazzo Chigi e discutono per quasi tre ore. Il comunicato che viene diramato al termine della cena che dura un’altra ora e chiude la giornata, ricalca in larga misura le dichiarazioni dei giorni scorsi: evidenzia l’impegno "comune per un’Europa più forte e sovrana", sottolinea soprattutto la convergenza su competitività e neutralità tecnologica, fissando l’appuntamento per il prossimo bilaterale in Francia all’inizio del 2026. Quando tutto è compiuto, la premier confida ai suoi: le cose ora andranno meglio.

Non che sino a quel momento fosse mancata un’adeguata coreografia. Solo l’abbigliamento quasi identico è frutto del caso: abito blu per lui, tailleur del medesimo colore per lei. Il resto è studiato per mettere in scena la riappacificazione: dal bacio caloroso, alla prolungata stretta di mano sino ai sorrisi rilassati quando, alle 18.15, il presidente francese varca il portone di Palazzo Chigi per incontrare la premier, tutto immortalato dalle telecamere. "È il parterre delle grandi occasioni: c’è molto interesse per questo bilaterale", scherza la padrona di casa mentre si incammina assieme all’ospite verso la scalinata che conduce al suo studio.

Che si tratti di un’offensiva di pace è chiarito dalla frequenza con cui da due giorni l’Eliseo fa uscire comunicati sempre più concilianti. L’ultimo a ridosso del faccia a faccia: l’Italia è "un partner importante" con "un ruolo cruciale da svolgere nel processo decisionale europeo", in particolare nel conflitto ucraino. Parigi ci tiene, però, a sottolineare che l’incontro "serve a verificare che i due paesi siano effettivamente in grado di procedere insieme sull’essenziale". In soldoni significa che, coreografia a parte, non può trattarsi solo di una finzione. "Con gli amici ci si deve parlare soprattutto quando non sei d’accordo con loro", il mantra di Giorgia. I nodi vanno sciolti. Per questo il colloquio si prolunga per quasi tre ore, la maggior parte delle quali trascorse in un tête-à-tête. La premier con i suoi, prima del bilaterale, è netta: "Vanno poste le basi per un rafforzamento delle relazioni tra due nazioni fondatrici della Ue". Perciò avrebbe chiesto a Macron di " evitare di incorrere in episodi incresciosi", come la foto di Tirana, che ha reso plastico lo scontro.

L’agenda del summit è fitta, ma i capitoli essenziali sono quattro: Ucraina, Trump, Merz e Medio Oriente. Per quanto riguarda la guerra in Ucraina la pietra dello scandalo è il ruolo dei volenterosi, sul quale si è consumata la divisione tra Italia e Francia. Macron li ha inventati, Giorgia si è sfilata. È assodato che le posizioni in materia non possono coincidere del tutto. Per l’Italia l’invio di truppe dovrebbe essere fuori discussione. La quadratura del cerchio? Prendere in considerazione opzioni non divaricate né conflittuali perché dirette verso lo stesso fine: la (molto virtuale) missione di Macron ma anche la proposta italiana di estendere a Kiev l’ombrello della Nato pur senza accoglierla nell’alleanza. "Il sostegno incrollabile di Francia e Italia" a Kiev "è ancora più necessario per raggiungere una soluzione equa", presupponendo "un ambizioso cambiamento di scala nella difesa europea", recita il comunicato.

Poi c’è il presidente americano Trump, convitato di pietra che spunta fuori qualunque sia il dossier in discussione: dazi, nuove sanzioni alla Russia, garanzie di pace, riarmo. Di qui a un mese dovrà essere definito sia il rapporto tra Europa e Stati Uniti, sia quello dell’Italia, ed è evidente che una parte essenziale del chiarimento cercato ieri da Macron è la garanzia che, pur tentando di mantenere rapporti buoni con Washington, se necessario Giorgia non sia equidistante ma schierata con l’Europa. "L’incontro – scandisce la nota finale – ha offerto l’opportunità di coordinare le posizioni in materia di relazioni transatlantiche e di sicurezza economica e commerciale della Ue".

Terzo il caso Merz: la politica muscolare e bellicosa del cancelliere tedesco che gioca di sponda con il premier britannico Keir Starmer sembra disegnare un quadro nel quale la guida franco-tedesca dell’Unione europea è tale solo di nome. Il cancelliere sembra mirare a un’egemonia essenzialmente tedesca, tanto più che il piano di riarmo nelle forme ideate da Ursula von der Leyen e blindate dallo stesso Merz porterebbe Italia e Francia a svenarsi, senza peraltro poter mai raggiungere la Germania in virtù del maggiore spazio fiscale di cui Berlino dispone. Insomma: un’Unione a egemonia tedesca, e un continente a guida anglo-tedesca. "È questo che vuoi?", la domanda che Giorgia fa a Macron, consapevole che non può essere l’obiettivo del leader francese. Impossibile non parlare di Gaza e della necessità di un ’cessate il fuoco’, che vale per la martoriata regione, come per Kiev.