M5s, i sondaggi e l'aria che sta cambiando

La storia dei rimborsi mancati contraddice il mantra del credo grillino ("noi siamo diversi dagli altri") e tocca l'argomento 'soldi': gli elettori stavolta potrebbero non fare sconti

Il candidato premier del M5S Luigi Di Maio (Ansa)

Il candidato premier del M5S Luigi Di Maio (Ansa)

Roma, 14 febbraio 2018 - Mentre i grillini sono tutti intenti a produrre le ricevute dei bonifici effettuati sull’IBAN del Microcredito, la domanda sulla bocca di tutti è la stessa: qual è il conto che la Rimborsopoli grillina presenterà a Di Maio & Company? La questione potrebbe apparire oziosa se pensassimo al Movimento 5 Stelle come a un movimento di opinione o a un partito «qualunque» che inevitabilmente paga pegno di fronte a polveroni di questo tipo, ma i Cinquestelle non sono per niente assimilabili ad alcuna delle formazioni politiche attualmente in campo e quindi il discorso cambia. Tutti pensavano per esempio che poco sarebbe rimasto dei grillini dopo i disastri romani della Raggi con polizze vita annesse, dei pasticci torinesi della Appendino, delle incertezze dimostrate da una classe dirigente improvvisata e contraddittoria e invece niente: ogni qual volta che i moderni aruspici ossia i sondaggisti venivano consultati dopo i clamori mediatici sollevati da tv e giornali, l’asticella dei Cinquestelle era sempre lì. Stabile.

Adesso dalle prime rilevazioni la musica pare cambiata, e il discorso sembra davvero andare in un altro modo. Perché la storia dei rimborsi emersa in questi giorni contraddice il mantra stesso del credo grillino («noi siamo diversi dagli altri») e perché quando si toccano i soldi la gente inizia sempre a ragionare in modo diverso dal solito. I soldi e la casa sono gli argomenti sui quali gli italiani sono portati a fare pochi sconti, visto che troppi pasticci hanno dovuto sopportare in passato. E in attesa di sondaggi ufficiali e definiti in corso in questi momenti che forse si conosceranno entro un paio di giorni (poi da venerdì scatta il divieto imposto dalla campagna elettorale), i social sono la piazza nemmeno troppo virtuale, che in qualche modo conferma la tendenza che si coglie tra esperti di flussi elettorali e addetti ai lavori: non sarà come è stato finora.

Sia che si parli di Twitter sia di Facebook non è presente nessun Fronte Perdonista Unito e gli schieramenti sono divisi. Nelle pagine di esponenti del movimento e in quelle più generiche. Molti dei commenti nella pagina di Luigi Di Maio, per esempio, sono di critica. Una notizia. Il dubbio sollevato da tanti, anche da militanti delusi, è che con Rimborsopoli il M5S ha mostrato di “essere uguale agli altri“. Come dire, vi avevo scelto perché rivendicavate una vostra diversità, adesso questa diversità non c’è più. Dall’altra parte c’è ovviamente la narrazione ufficiale grillina, quella secondo cui “noi comunque abbiamo versato e gli altri non hanno dato niente“, che “alla fine tutto si rivelerà un boomerang“, che “gli altri partiti non possono farci lezione“. Ma il fronte non è concorde, le voci critiche sono numerose. Qualche crepa stavolta pare davvero essere emersa. E neppure troppo superficiale.