Giovedì 18 Aprile 2024

M5S, Di Maio strappa con Casaleggio, rottura vicina

Il ministro degli Esteri: "Sulla governance il Movimento ha visioni diverse al suo interno". Il figlio del fondatore punta su Di Battista

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Di Maio ufficializza il dissenso con Casaleggio. A chi gli chiede se sono in sintonia risponde: "È evidente che il Movimento ha visioni differenti al suo interno". Non che ce ne fosse bisogno, la distanza era lampante. Ma stavolta non si certifica solo ciò che era noto: sullo sfondo campeggiano quegli Stati Generali con i quali il Movimento non si decide a fare i conti e la sorte del governo Conte.

Di Maio: "Avanti con le alleanze"

Oggetto della contesa, infatti, è il carattere della futura leadership: Di Maio si rende conto di non poter ora ambire alla successione di se stesso, e punta su una governance: "Ci vuole una leadership forte che non vuole dire un leader, ma un gruppo di gestione". Il gioco è palese. Un gruppo non potrà mai rappresentare una guida forte. Sia che ne faccia parte, sia che ne resti fuori, il ministro degli Esteri continuerà ad avere voce in capitolo. Casaleggio, sempre più spinto ai margini nel nuovo Movimento, vuole invece un vero capo: sulla carta non dovrebbero esserci dubbi.

A ostacolare la soluzione più lineare sono, però, due scogli: il primo è proprio la divisione dei grillini. Solo un ’comitatone’ permetterebbe alle fazioni di mettersi d’accordo, visto che sarebbero tutte rappresentate. Il secondo scoglio è persino più insormontabile: se al traguardo dovesse arrivare un solo concorrente, è realistico immaginare che sarebbe Alessandro Di Battista, su cui punta Casaleggio. Ma nessuno si illude: Di Battista leader ("M5s non ha tradito Gianroberto, che ora si rivolta nella tomba"? gli chiedono su twitter. E lui: "Rispondo per le mie azioni") sarebbe la pietra tombale per il governo. Ma in ballo c’è altro. Trattandosi delle prime assise congressuali di una forza che sin dalla nascita aveva aborrito ’i rituali della vecchia politica’ come M5s strutturerà questi rituali resta un mistero: un gruppo di parlamentari dell’associazione Parole guerriere chiede un vero congresso per mozioni. Vade retro! Sarebbe proprio una liturgia da vecchia politica! E finirebbe con vincitori e vinti: ciò che molti tendono a evitare.

L’alternativa è nebulosa: non è questione solo di decidere come strutturare il dibattito e tenere rasoterra il tasso di democrazia nelle assise. Ma che cosa fare dei militanti che fin qui hanno avuto l’illusione di decidere attraverso il voto sulla piattaforma Rousseau, che si punta a superare, altro elemento del braccio di ferro sotterraneo con Casaleggio. La situazione è tanto confusa che in M5s vengono fuori persino i paladini del no al referendum. L’ultimo è Giuliodori: "Voto no: la riforma danneggia l’assetto democratico del Paese". Una divisione trasversale esiste in tutti i partiti, ma per i Cinquestelle il quesito riguarda la loro ragione di esistere.