Roma, 6 settembre 2023 – "Perché dividersi sul passato, quando possiamo essere uniti sul futuro?". Risponde così Paola De Micheli, già sottosegretaria all’Economia dem nei governi Renzi e Gentiloni e ministra dei Trasporti nel Conte II, alla disponibilità espressa dal leader 5 Stelle Giuseppe Conte a sostenere un referendum sul Jobs Act. E alla segretaria del Pd Elly Schlein propone piuttosto di "organizzare una grande conferenza nazionale di tutta la sinistra, politica e sociale, sul lavoro che cambia".
Onorevole De Micheli, da ex esponente del governo che ha varato il Jobs Act, come valuta il referendum abrogativo prospettato dal leader Cgil Maurizio Landini, che incontra il favore di Conte e Schlein?
"Oggi abbiamo davanti il problema di riscrivere le politiche del lavoro alla luce dei giganteschi mutamenti in atto. A cominciare dalla battaglia sul salario minimo, questione di dignità democratica oltre che sociale, su cui l’opposizione unita sta mettendo spalle al muro il governo. Rimettere in discussione strumenti del passato sarebbe parziale e riduttivo. Ad oggi mi pare infatti che Landini valuti la decisione sullo sciopero generale rispetto alla clamorosa assenza del governo sul tema del lavoro".
Sciopero sì referendum no, insomma?
"Al sindacato spetta fare il sindacato. Noi invece, proprio perché siamo alle prese con una velocissima trasformazione del mondo produttivo, dovremmo organizzare in autunno una grande conferenza nazionale sul lavoro: un momento di ascolto, comprensione, elaborazione delle nuove politiche".
Una conferenza sembra un modo per dribblare iniziative più stringenti...
"Tra rivoluzione tecnologica, pandemia, guerra, siamo di fronte a grandi trasformazioni del modello economico. È in atto un’oggettiva contrazione dei posti di lavoro in diversi settori, mentre in altri c’è un’offerta che rimane inevasa e a detta delle imprese tocca il mezzo milione di posizioni. A dimostrazione della difficoltà a incrociare domanda e offerta. Si sono anche affermate nuove modalità, come il lavoro da remoto, e siglati contratti cui guardare con attenzione, come quello di Intesa Sanpaolo, che a parità di salario prevede una consistente riduzione dell’orario. Questo mentre l’avvento dell’intelligenza artificiale interviene sul lavoro intellettuale e la transizione ecologica impone un ripensamento di fondo dei modi di produzione. Di fronte a queste novità enormi, credo che la sinistra debba metter in campo una riflessione nuova. È una proposta che mi sento di offrire alla segretaria Schlein. E che mi farebbe piacere venisse avanzata a tutto il centrosinistra".
Un’alternativa rispetto alla via referendaria?
"Non possiamo pensare di offrire un progetto al Paese guardando nello specchietto retrovisore. Per dimostrarci un’alternativa possibile dobbiamo guardare con realismo e intelligenza a come cambia la vita delle persone. Se pensiamo a come i giovani si approcciano alla vita e al lavoro, non possiamo trascurare il tema della riduzione dell’orario e la liberazione del tempo di vita. In questo quadro occorre garantire nuovi diritti, come un reddito a prescindere dal lavoro e nelle fasi di passaggio tra un’occupazione e l’altra".
Addirittura il reddito universale, quando il reddito di cittadinanza già divide la sinistra?
"Il reddito universale ha caratteristiche di realismo per alcune categorie. E in questo quadro parole d’ordine come lotta alla precarietà possono essere declinate in modo moderno".
Per introdurre strumenti di questa natura non occorre anche cambiare le politiche di bilancio improntate al rigore?
"Siamo all’opposizione e dobbiamo proporre un progetto per andare incontro alle condizioni attuali del lavoro, rispetto cui c’è un’assoluta insipienza del governo, che sa solo accusare di ‘divanismo’. Che la sinistra sia in grado di gestire il bilancio pubblico, è un dato assodato. Il bilancio è un corpo vivo e siamo in condizione di trovare le coperture. I diritti delle persone e dei lavoratori non sono un dato contabile, ma una scelta politica".