La partita di Conte: "Rapporto con il Pd? Si vedrà dopo primarie, vero tema è il lavoro"

Il presidente del M5S: "Nel Lazio il mancato accordo è colpa dei dem. Lavorare con loro? Aspettiamo di capire quale sarà la loro identità". Stoccata al governo: "In Europa siamo fuori dai tavoli che contano"

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

Il risultato delle Regionali nel Lazio e in Lombardia quale effetto potrà avere nei rapporti tra le opposizioni?

"Lascio ad altri le equazioni del giorno dopo e l’aritmetica elettoralistica – avvisa un Giuseppe Conte netto senza fronzoli - L’unico riflesso che ci interessa di questo voto è capire se i cittadini laziali e lombardi avranno le risposte alle domande e ai problemi che hanno denunciato a gran voce in questo periodo: sanità, trasporti, welfare, politiche abitative, rilancio del tessuto produttivo. Questi sono i temi a cui sono interessate le persone, e l’ho toccato con mano anche nei giorni in cui sono stato in Lombardia e ho avuto modo di viaggiare con i pendolari da Vigevano a Milano o nelle periferie che ho visitato: ecco, sono queste le nostre priorità".

Giuseppe Conte
Giuseppe Conte

Ma c’è già chi, nel caso di una sconfitta del Pd nel Lazio, punta di nuovo l’indice contro di voi per la mancata alleanza.

"Guardi, in questa campagna elettorale questo argomento è stato utilizzato strumentalmente da chi ha provato a nascondere la realtà dei fatti. Ma questi fatti sono noti a tutti: il Pd ha scelto di dividere il fronte nel Lazio, ha sostenuto l’inserimento di una norma sull’inceneritore in un decreto che conteneva aiuti per famiglie e imprese in difficoltà, ha rifiutato di sedersi al tavolo con noi per un confronto programmatico e infine come unica risposta si è fatto imporre da Renzi e Calenda il nome di D’Amato. Da parte nostra non c’è stato mai un pregiudizio: la prova è nella nostra scelta in Lombardia di correre, dopo un sereno confronto, insieme con il Pd".

Nessun accordo solo per vincere?

"Certo. Potevamo partecipare a un’accozzaglia con un programma generico e indeterminato pur di fare questo ‘cartello elettorale’ e non abbiamo accettato perché il problema non è presentare un manifesto elettorale, ma governare il giorno dopo e raggiungere gli obiettivi".

È immaginabile una ripresa dei rapporti in senso più organico con il Pd una volta definito il nuovo vertice di quel partito?

"La politica si fa con un confronto vero sui temi. Non potendo annoverare il duo Renzi-Calenda tra le opposizioni, sul Pd posso dire che la loro vera sfida non sono le regionali ma capire quale identità saranno capaci di darsi da questa fase congressuale. Mi auguro sia per loro un’occasione di profonda rifondazione e rinnovamento. Solo alla fine di questo percorso capiremo se potremo lavorare insieme".

Calenda, però, ha aperto sul salario minimo, per esempio.

"Bene che, seppur con estremo ritardo, ora anche altri partiti abbiano colto l’importanza del salario minimo, purché si voglia andare realmente in questa direzione. Se Calenda ora apre sinceramente al salario minimo a 9 euro l’ora può votare con noi la proposta a mia firma che mette fine alla stagione delle buste paga da fame. Stesso discorso vale per misure sacrosante come il divieto per i parlamentari italiani di essere pagati da Stati stranieri. Prima di allearsi con Renzi, Calenda sosteneva che era inaccettabile per un senatore farsi pagare da “regimi autocratici in giro per il mondo”. Bene: votiamo insieme questa norma sacrosanta, c’è una nostra proposta di legge già depositata".

Come 5 Stelle siete in una fase di trasformazione del partito: quali sono la direzione di marcia e la prospettiva per i prossimi anni?

"Dal punto di vista organizzativo stiamo terminando la definitiva organizzazione e presenza sui territori, che deve essere capillare. I nostri obiettivi non cambiano: giustizia sociale, misure di contrasto alla povertà, sostegno al ceto medio che perde potere di acquisto e misure che - come nel caso del Superbonus - siano capaci di coniugare la crescita economica, il sostegno alle imprese e il taglio delle emissioni inquinanti".

Quali sono le battaglie sulle quali sarete maggiormente impegnati?

"Ci sono due emergenze su tutte: dare voce alla maggioranza silenziosa che in Italia vuole un’Europa protagonista nella svolta diplomatica in Ucraina, piuttosto che nell’invio di armi. E raccogliere il grido di dolore di una generazione, quella dell’ingegnera Ornela, che non vuole svendere i propri diritti. Dobbiamo dare risposte ora: dal salario minimo alla lotta alla precarietà fino alla riduzione dei tempi di lavoro a parità di salario. Alziamo l’asticella su lavoro e diritti".

Un’ultima nota proprio sulla politica estera: Meloni è isolata in Europa?

"Dispiace che il nostro Paese sia tenuto fuori dai tavoli che contano, soprattutto dai tavoli europei. La Meloni sta sperimentando la differenza che c’è tra gridare dai banchi dell’opposizione ‘con noi finirà la pacchia in Europa’ e capire che la pacchia è finita per lei. La credibilità a livello europeo e internazionale va conquistata rimboccandosi le maniche e consentendo al nostro Paese di avere il ruolo e il protagonismo che merita".