La ministra contro la senatrice. Forza Italia lacerata dalla faida rosa

L’attacco di Gelmini sulla nomina di Licia Ronzulli a coordinatrice della Lombardia. "Così ci sfasciamo"

Silvio Berlusconi, 85 anni, e Licia Ronzulli, 46 anni

Silvio Berlusconi, 85 anni, e Licia Ronzulli, 46 anni

È una contesa tra regine, Brunilde e Crimilde, a innescare una delle più sanguinose saghe della letteratura. Quella dei Nibelunghi. Più modestamente è una saga tra esponenti femminili di spicco della corte azzurra a minacciare quel che resta di Forza Italia: Licia Ronzulli e Mariastella Gelmini. Lo scontro non stupisce nessuno: da anni c’è un conto aperto tra la fedelissima del Cavaliere e la ministra degli affari regionali. Per ora, vincente è la prima. Nominata commissaria in Lombardia al posto di Massimiliano Salini, vicino alla ministra. Volano applausi in pubblico tra gli azzurri, ma anche nelle chat riservate i complimenti si sprecano: "Non ne sapevo nulla e non ho sgomitato per arrivare lì", confida la Ronzulli agli amici. Più che amata, è temuta: eppure quasi nessuno si schiera con la ministra, neppure la collega di governo, Mara Carfagna. "È una rimozione surreale, in piena campagna elettorale per le amministrative", rilancia Gelmini. Atteggiamento che irrita il Cavaliere: inevitabile un confronto. Il rischio è che avvenga a Napoli, dove nel weekend è in programma la kermesse nazionale del partito.

La nomina arriva dopo un suo sfogo a Sorrento, al convegno organizzato dalla Carfagna, con il reggente azzurro Tajani, riportato sabato dal Foglio online e andato un po’ oltre i limiti, soprattutto perché la forzista lombarda non immaginava di essere ascoltata: "Io mi sono stancata. La Ronzulli porta a sfasciarsi. C’è odio nei miei confronti. Chi le sta antipatico viene tagliato fuori". La decisione era già stata presa, e la ministra ne era al corrente. La reazione è dura: quando a Salini viene proposto un posticino di consolazione – responsabile per i rapporti con le associazioni imprenditoriali di FI – declina l’offerta: "Sono amareggiato per la rimozione, non accetto la nuova carica".

Storie di potere rosa. Già, la creatura di Berlusconi con il tempo è diventata sempre più un partito di potentati femminili in lotta tra loro: proverbiali gli scontri tra l’ex fidanzata del Cavaliere, Francesca Pascale, e l’ex donna ombra del leader azzurro, la senatrice Maria Rosaria Rossi. Contrariamente a tutti i cliché sulle olgettine, le donne forziste hanno caratteri energici. Basti pensare che alla lamentela della Gelmini, Tajani aveva replicato: "Sai cosa significa mettere d’accordo tutti? Ci sei tu. Poi c’è Licia. Poi c’è la Bernini. Poi c’è la Casellati che minaccia di togliere il saluto".

Ora, non è un mistero che i rapporti tra la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e la capogruppo azzurra Anna Maria Bernini non sono idilliaci. Entrambe aspiravano allo scranno più alto di Palazzo Madama. Tanto che, quando la Casellati nella corsa al Quirinale fu azzoppata grazie anche ai franchi tiratori, c’è chi sospettò che ad armarli fosse stata la Bernini. Ai conflitti personali si intrecciano quelli di altra natura: in particolare, tra la delegazione all’esecutivo, che è per definizione governista e quella del partito, meno allineata. Le divagazioni sul tema dell’alleanza con il ’nordista’ Salvini della ministra Carfagna da tempo innervosiscono gli azzurri e non piacciono alla maggior parte delle azzurre. Lei va avanti per la sua strada: reduce dal successo dal convegno a Sorrento. Da Mattarella a Draghi, c’era tutto il gotha italiano. Tranne la Casellati. Che se l’è legata al dito.

Ecco, il silenzio della Carfagna sulla vicenda Gelmini, gli sfoghi di quest’ultima che teme venga falcidiata la sua corrente e l’atteggiamento degli altri azzurri fa capire che sono in corso posizionamenti in vista delle candidature. I posti alle prossime politiche sono limitati: una trentina al massimo. Insomma, la competizione non è per guidare il partito, quella è una sfida che da sempre si gioca su un altro terreno: la vicinanza e la fiducia del monarca. Ma la posta in gioco è la presenza, magari con qualche truppa a disposizione, nella prossima legislatura.