Licia Ronzulli è capogruppo di Forza Italia. Ma se la vedrà con un partito spaccato

Berlusconi la propone la sua fedelissima alla guida dei senatori e tutto il gruppo alla fine applaude. Le rimproverano di aver fatto le liste eliminando gli avversari interni. Alla Camera il Cav sceglie Cattaneo, anche lui rimasto fuori dal governo

La neo capogruppo a Palazzo Madama dei senatori azzurri Licia Ronzulli, 47 anni

La neo capogruppo a Palazzo Madama dei senatori azzurri Licia Ronzulli, 47 anni

Secondo Ignazio La Russa, neo-presidente del Senato, "un posto da capogruppo vale quanto un ministero", come a indorare la pillola. Sarà. Certo è che la bruciatura ancora c’è. Insomma, un ministero è tutt’altro belvedere. Tutt’altro bel vivere. Ma lei, Licia, figlia di carabiniere, come ha ricordato – ergo abituata a "obbedir tacendo" (non proprio lo ha fatto in verità, in questa fase) – si è acconciata alla bisogna. Il “Capo“, Silvio Berlusconi, ha ricevuto troppe pressioni, per far nascere questo governo a guida Meloni, quindi inutile sottilizzare. O farsi il sangue amaro.

La vendetta, però, come si sa, è un piatto che va servito freddo. E, allora, ecco la nomina, peraltro assai prevedibile, a capogruppo al Senato di FI. Un posto cruciale. Anche perché fa il paio con la nomina – a sorpresa – di Alessandro Cattaneo (lo ha scoperto dalla tv), per giorni in predicato di farlo pure lui, il ministro, capogruppo alla Camera, il quale è un altro suo fedelissimo. E dato che la Bernini e Paolo Barelli, cioè i due capigruppo uscenti, erano due “tajanei“ (legati, cioè, ad Antonio Tajani, presto ministro degli Esteri e dunque obbligato a girare il mondo) entro breve potrebbe arrivare per Licia l’altra nomina, tutta politica, a coordinatrice nazionale di FI. Un cumulo di cariche che segnerebbe la definitiva “ronzullizzazione“ (e, dunque, militarizzazione) di un partito che, già da mesi, si regge con fatica. Insomma, per i moderati (tajanei e non) la vita si preannuncia grama. Senza dire che la Ronzulli e i suoi daranno filo da torcere pure al governo Meloni, i cui numeri – specie al Senato – sono saldi, ma non saldissimi. Potrebbero, addirittura, diventare un po’ ballerini, in corso di legislatura.

Su di lei le storie abbondano e non tutte positive. Classe 1975, milanese, carriera politica ormai già lunga (è stata europarlamentare, senatrice ecc.), Licia è detta “la zarina“. A lungo filo-salviniana (il legame di ferro con Salvini, però, ora si è rotto: lui non ha speso una parola una per difendere lei), non appena è stata nominata coordinatrice di FI in Lombardia, la Gelmini e i suoi hanno battuto la porta per andarsene armi e bagagli con Calenda.

Arci-nemica della Meloni e di chiunque, a suo dire, metta in discussione il Cav, la Ronzulli, in pratica, le liste elettorali di FI le ha scritte di suo pugno. Per i dolori di una serie di azzurre (Prestigiacomo, Calabria, Giammanco, Tartaglione ecc.) che si sono ritrovate, dall’oggi al domani, sbalzate o in posizioni ineleggibili. In pratica, una vera e propria strage. Non che ai maschietti sia andata molto meglio: Giacomoni, Palmieri, Valentino Valentini, storico interprete e ambasciatore del Cav, sono stati, a loro volta, depennati dalle liste con un banale tratto di penna.

Il partito, insomma, nei gruppi parlamentari, è stato modellato a immagine e somiglianza sua: via i moderati, i liberal, dentro i pretoriani, i duri. Del resto, lei è diventata l’ombra, l’alter ego, del Cav (la “badante“, figura ormai mitologica, alla corte del Cavaliere, non le renderebbe onore).

Non la sopportano in parecchi (Gianni Letta, Gianni Confalonieri, i figli Marina e Piersilvio), ma gode della stima imperitura di Berlusconi. Che ora dice: "Conosco la senatrice da 30 anni è brava in tutto quello che ha fatto, sarà brava anche in questo ruolo". E ha dato indicazioni di voto per il duo Ronzulli-Cattaneo, aggiungendo, non a caso, "sono il fondatore del centrodestra". Excusatio non petita, accusatio manifesta. Oggi, il Cav, senza la “cara Licia“, FI non la governa.