Mercoledì 24 Aprile 2024

Irene Tinagli: non lascio il Pd. “Schlein troppo a sinistra? Lo dicevano di Letta”

L’eurodeputata e i malumori interni dopo l’addio di Cottarelli. “Il mondo è cambiato, ci sono più diseguaglianze e vanno corrette”. E sulle alleanze: abbiamo un anno di tempo, lavoriamo sui territori

Roma, 12 maggio 2023 – Sui giornali il tormentone è quotidiano: i moderati nel Pd targato Elly ci stanno scomodissimi. Qualche uscita eccellente sembra proprio confermarlo. A Irene Tinagli – presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, eletta per la prima volta con Monti a Montecitorio – la patente di moderata, anzi moderatissima, non la negherebbe nessuno.

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Irene Tinagli
Irene Tinagli

Allora, cosa fa? Se ne andrà come Carlo Cottarelli?

“Rispetto senza giudicare le scelte personali di Carlo: io non vado da nessuna parte, resto a Bruxelles per lavorare e portare avanti le idee per cui sono stata eletta con il Pd. Anche io, venendo dal mondo accademico, appena entrata in Parlamento sono stata a disagio all’inizio: ci sono toni forti e colpi bassi, ma rinunciare alle proprie battaglie aiuta solo a far prevalere gli avversari politici”.

Ma quanto c’è di vero e quanto di leggenda nella voce del Pd diventato troppo di sinistra?

“Lo dicevano anche della segreteria Letta, nulla di nuovo. La verità è che il mondo è cambiato tanto negli ultimi anni: abbiamo assistito ad un allargamento delle diseguaglianze e a un aumento vertiginoso del lavoro povero. Inoltre gli effetti sempre più devastanti del cambiamento climatico e la crisi energetica hanno reso evidente l’urgenza di ripensare i nostri modelli economici e produttivi. I cittadini sono stanchi di politici che dicono ’vediamo’, vogliono radicalità, messaggi chiari e azioni rapide. Il Pd sta facendo i conti con la realtà”.

Però mercoledì lei si è astenuta sulla proposta, sostenuta dal Pd e respinta dal Parlamento europeo, di introdurre una patrimoniale.

“Mi sono astenuta perché trovavo l’emendamento scritto male, si prestava a strumentalizzazioni politiche come infatti è accaduto in Italia. Ma il tema di un aumento delle diseguaglianze, frutto anche di sistemi fiscali sbilanciati, va affrontato nei giusti termini ed è attualissimo anche in seno al mondo liberal-democratico: non a caso molti liberali e macroniani si sono astenuti come me”.

A proposito di Europa: sul Pnrr siamo in difficoltà, ma sono difficoltà note da decenni. Chi poteva fare di più? Questo governo o quello precedente?

“Fino alle elezioni eravamo perfettamente nei tempi, ci siamo fermati per sette mesi per cambiare governance, riallocare poteri e funzioni, sia nella gestione del Pnrr che nei ministeri chiave. Si sono annunciati cambiamenti nel piano mai messi nero su bianco. Abbiamo disfatto molte delle cose messe in piedi prima e adesso è faticoso riprendere la marcia”.

Lo scontro durissimo sul Mes in un momento così delicato per il Pnrr non è dannoso?

“L’accordo sulla riforma del Mes è di due anni fa. Non firmare oggi è un po’ come pretendere di fare gol al 120’ e pensare di poter vincere così la partita. Diciamo che non ci dà grande credibilità”.

La scadenza europea più importante è la riforma del patto di stabilità: non sarebbe il caso che maggioranza e opposizione facessero fronte comune nell’interesse del Paese?

“Il Pd lavora da anni in Europa per modificare il patto di stabilità, qui al Parlamento europeo lo abbiamo fatto scontrandoci proprio con i conservatori e i sovranisti che non hanno mai creduto nella solidarietà europea. Adesso che Lega e Fratelli d’Italia – che di quei gruppi fanno parte – sono al governo, mi auguro davvero che si possa lavorare insieme per una nuova governance che aiuti non ad ’aggirare le regole’, ma a dare all’Europa e all’Italia gli strumenti per crescere di più e meglio”.

Torniamo in Italia: il suo partito ha criticato severamente il decreto legge del primo maggio sul lavoro, ma non è chiaro con quale formula vuole affrontare il nodo del precariato.

“Il precariato lo si affronta semplicemente rendendo più attraenti e meno costosi i contratti stabili e riducendo quelle forme che portano una precarizzazione estrema, rafforzando le tutele e le garanzie per i lavoratori”.

A settembre il Pd è andato a sbattere perché non ha costruito alleanze: alle prossime elezioni amministrative e poi alle politiche vi alleerete con M5s anche a costo di rompere con quel che resta del Terzo polo?

“A voler essere precisi il Pd le alleanze le aveva create, qualcuno ha stracciato l’accordo dopo che era stato siglato. Abbiamo un anno di tempo, nei territori si stanno facendo esperimenti interessanti che penso e spero possano portare risultati positivi. La priorità per me adesso è rafforzare il Pd, il resto verrà dopo”.