Domenica 6 Ottobre 2024
MARCELLA COCCHI
Politica

Il rottamatore che non si riesce a rottamare

Matteo Renzi è ancora l'antieroe a cui contrapporsi per rafforzare la propria identità politica, nonostante sette anni dalla fine del suo governo. Tanti leader non riescono a voltare pagina e ignorano i numeri necessari per parlare alla maggioranza del Paese.

È incredibile come Matteo Renzi, a sette anni dalla fine del suo governo e con i suoi attuali numeri parlamentari resi ancora più traballanti per le fughe dal partito e per il “divorzio” da Calenda, resti per tanti l’antieroe a cui contrapporsi per rafforzare la propria identità politica. Perfino Antonio Tajani, dopo aver aperto le porte di Forza Italia ai moderati del Pd per costruire la "dimora del centro", ha sentito il bisogno di precisare che il suo non è il Centro di Renzi. Ora, che ci sia una competizione sottotraccia per raccogliere il testimone dell’autentico delfino di Berlusconi, lo si può pure comprendere. Ma stupisce che tanti leader, da più parti, non sappiano voltare pagina rispetto a schemi del passato o ignorino i numeri necessari per parlare alla maggioranza del Paese. Come fa Elly Schlein quando rottama i riformisti in fuga dalla sua idea di sinistra radicale. E sempre in antitesi all’eredità del senatore di Rignano si muove, la segretaria del Pd, quando accoglie l’idea che il leader della Cgil, Landini, ha lanciato sul QN, ossia quella di un referendum anti Jobs Act, proprio la riforma del lavoro voluta da Renzi e votata da tanti dem e da tanti ex compagni di partito che un tempo lo aspettavano alla Festa dell’Unità indossando le camicie bianche della nuova Terza via in salsa italiana. "Casa" Elly vuol essere de-renzizzata. Del resto, sono gli stessi esponenti del Movimento 5 Stelle a spiegare che proprio la "de-renzizzazione" del Pd consente loro di valutare ipotesi di alleanze in vista delle prossime amministrative. La diaspora dei centristi è aperta. Carlo Calenda si accinge a sfoggiare la sua Azione con Bonetti & gli altri fuoriusciti sia da Iv sia dal nuovo Pd anti-Iv: paradossale. Calenda e Renzi sembrano la versione aggiornata dei post Dc che si smembrarono in mille centri, il primo sempre più orientato a fare lotte di opposizione con i giallorossi (salario minimo, sanità...), il secondo sempre più nell’orbita di Meloni. Il direttore del Riformista risulta ingombrante, senza esserlo dal punto di vista del peso politico, perfino per i fedelissimi. Davvero non si riesce mai a rottamare la sfida al rottamatore?