Uniti sì, ma solo finché di mezzo non ci sono le poltrone. In quel caso, basta un colpo di vento e tutto vacilla. In Sardegna la coordinatrice tricolore, Antonella Zedda, recita il de profundis per la ricandidatura dell’uscente Christian Solinas (Partito sardo d’azione-Lega). "Sono venute meno le condizioni". In Basilicata finisce sotto assedio l’azzurro Vito Bardi, preso di mira dalla Lega (che spinge per l’ex senatore Pasquale Pepe) ma in realtà anche da FdI. "Vito non è in discussione", chiarisce Antonio Tajani, leader forzista. Il numero due del Carroccio, Andrea Crippa, di solito ventriloquo del capo, passa alla minaccia aperta: "I governatori uscenti del centrodestra devono essere tutti ricandidati, altrimenti tutto torna in discussione". Alla giustificazione con cui FdI spiega lo sgambetto – il rischio di una sconfitta di Solinas se il centrosinistra regge unito intorno alla candidatura Todde – replica: "Se guardiamo gli indici di gradimento vediamo chi è più popolare tra Solinas e Marsilio in Abruzzo". Marco Marsilio, va da sé, è targato FdI come il candidato che il partito della premier avrebbe in mente per sostituire Solinas: Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari.
Insomma, tra i cinque presidenti delle regioni in cui si voterà l’anno prossimo, per ora, non sono stati sfiorati dagli attacchi solo Alberto Cirio (FI) in Piemonte e Donatella Tesei (Lega) in Umbria, ma se tutto fosse rimesso in discussione nel tritacarne finirebbero anche loro. A sciogliere il nodo potrebbe essere in settimana un vertice dei tre leader ma FdI insiste sulla condizione di base: prima di tutto va risolto il caso del Trentino. Già: a far partire la micidiale giostra non è stato un colpo di vento ma la "coltellata alle spalle" del presidente leghista della Provincia di Trento appena rieletto, Maurizio Fugatti. "Ha tradito i patti", strillano furibondi dal quartier generale di FdI. E non si può negare che un po’ fedifrago il presidente sia stato. Al posto della vicepresidente concordata con i Fratelli, Francesca Gerosa, ha piazzato il fedelissimo Achille Spinelli. Le richieste di assessorato avanzate da FdI (Turismo, Agricoltura, Sanità o Urbanistica) le ha cassate per sostituirle con assessorati poco graditi: Gerosa è stata nominata per Istruzione e cultura, mentre l’altro eletto, Claudio Cia, sarà responsabile di Casa, mobilità, trasporti. Come se non bastasse, ha conquistato per il suo partito una poltrona in più grazie a un classico gioco di prestigio: la leghista Giulia Zanotelli si è dimessa solo per rientrare in giunta come assessore all’Agricoltura non più in quota Carroccio ma come indipendente. Risultato: alla prima riunione della giunta ieri hanno dato forfait i due esponenti di FdI.
Sembrerebbe la classica tempesta in un bicchier d’acqua, ma dietro il tradimento trentino e la rappresaglia sarda (Zedda ha convocato nelle prossime ore un tavolo regionale per discutere i candidati) covano malumori di più robusta portata. A via della Scrofa infatti passano a conti più brutali: "Il centrodestra governa 16 regioni, ma solo in tre il presidente è di FdI, è una situazione che va riequilibrata e non ci sarebbe nulla di strano se a noi andasse non solo la Sardegna ma anche il Veneto". La posta in gioco va molto oltre la disfida di Trento e prende di mira la roccaforte leghista: in Veneto si voterà solo nel 2025 e Zaia, governatore popolarissimo, mira al quarto mandato. Ma per potersi ricandidare bisognerebbe cambiare la legge e FdI, per il momento, non ha intenzione di farlo: "La regola dei due mandati non è in discussione, non ci sono proposte per modificarla". Resistenza comprensibile: con Zaia ricandidato, la conquista tricolore del Veneto diventerebbe un miraggio.