
Riccardo Zucchi, 67 anni
"Il valore della vita umana viene prima di qualsiasi opportunità economica". Il rettore dell’università di Pisa, Riccardo Zucchi, difende la modifica allo statuto dell’ateneo, che vieta la ricerca sullo sviluppo di armi. Una scelta che ha scatenato non poche polemiche.
Come siete arrivati a questa decisione?
"Abbiamo iniziato a discuterne già lo scorso anno, anche in seguito agli eventi in Ucraina e a Gaza. Questi avvenimenti hanno stimolato il dibattito interno e siamo arrivati alla conclusione che fosse necessario inserire nel nostro statuto un divieto esplicito di ricerca finalizzata allo sviluppo o al perfezionamento di armi. In passato, già evitavamo progetti di questo tipo, ma ora abbiamo voluto formalizzare questa prassi, ribadendo il nostro impegno per la pace".
Come ha reagito la comunità universitaria?
"La maggioranza ha accolto positivamente la scelta, che è stata presa all’unanimità dagli organi accademici. Anche se alcuni hanno sollevato dubbi sulle cosiddette tecnologie dual use, cioè che hanno un uso sia civile che militare, e sulla possibile perdita di opportunità. Per ora le applicazioni dual use non sono state escluse tout court, ma ogni progetto su cui avremo dubbi verrà attentamente vagliato".
Sui social ci sono state critiche anche molto dure.
"Le opinioni diverse non mi disturbano. È compito storico dell’università suscitare dibattito. L’importante è che il confronto avvenga senza violenza, anche verbale. Alcuni temono che questa decisione possa portare a una riduzione dei finanziamenti. In realtà, la nostra prassi era già quella di non collaborare a progetti di sviluppo di armi. Se in futuro dovessimo rinunciare a qualche finanziamento, credo che il valore della vita umana venga prima di ogni opportunità economica".
Quindi non state rinunciando a nulla?
"Finora nessun contratto è stato annullato. Col nuovo statuto saremo solo più selettivi".
Sono previste eccezioni?
"No, il principio di pace è un valore assoluto. Dobbiamo essere molto cauti, perché sotto l’etichetta della ‘legittima difesa’ o della ‘sicurezza’ spesso si nascondono sviluppi tecnologici che, di fatto, alimentano i conflitti".
Come farete a controllare?
"I singoli dipartimenti manterranno l’autonomia, ma in caso di dubbi saranno gli organi accademici centrali a fare verifiche più approfondite. Ovviamente molto dipenderà anche da quale azienda si farà avanti per finanziare i progetti".
Gli studenti hanno influenzato la decisione?
"Sì, il loro attivismo ha stimolato il dibattito, come è giusto che accada in un’università".
Ma tutto questo non limiterà la ricerca?
"No, la libertà ha limiti etici e giuridici. E comunque, su un piano più alto, il rispetto per la vita e la dignità umana viene prima di tutto".
Non temete un potenziale esodo di ricercatori?
"Se aprissimo un bando, non penso avremmo problemi a trovare partecipanti. Il vero nodo per quanto riguarda l’attrattività delle università non è il nostro nuovo statuto, ma la carenza di fondi in Italia. Fondi che nel 2024 sono stati tagliati pesantemente, anche se il governo sostiene il contrario. Ma i bilanci parlano chiaro, speriamo che venga mantenuto l’impegno di aumentare i finanziamenti".