Sabato 12 Ottobre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

I funerali di Napolitano. L’addio bipartisan e il ricordo del figlio:: "Ammise i suoi errori"

Cerimonia laica a Montecitorio. La nipote Sofia: era mio nonno, formidabile. Gianni Letta: "Nel 2011 nessun complotto, con Berlusconi si chiariranno lassù".

I funerali di Napolitano. L’addio bipartisan e il ricordo del figlio:: "Ammise i suoi errori"

I funerali di Napolitano. L’addio bipartisan e il ricordo del figlio:: "Ammise i suoi errori"

"Era mio nonno", sussurra Sofia May, ricacciando indietro una lacrima. E uno sprazzo di umanità si diffonde nell’aula di Montecitorio che s’inchina di fronte a quest’uomo "formidabile" che compra il gelato, consiglia i cartoni da vedere in tv, va a prendere i nipoti a scuola, presenta loro i suoi amici. E poco importa se tra le frequentazioni più care spicca la Regina Elisabetta o se per chiacchierare con i due figli del primogenito, Giovanni, il Presidente emerito deve fare un salto in Inghilterra o in Svizzera, dove studiano. Non è la normalità il tratto distintivo di Giorgio Napolitano. Che, come ricorda il secondogenito Giulio, tracciò un bilancio disincantato della sua storia politica: "Di sé a conclusione della sua autobiografia del 2005, scrisse ’ho combattuto buone battaglie e sostenuto cause sbagliate, e cercato via via di correggere errori, di esplorare strade nuove’". L’anomalia del dirigente comunista nonché nonno "speciale" di Sofia (classe 1997) e Simone (classe 1995, mano sulla spalla, e un passo indietro a lei durante il discorso) ai quali insegna "a combattere per i propri ideali, senza curarsi degli ostacoli", emerge anche nell’ultimo passaggio in Parlamento.

Al funerale laico celebrato ieri a Montecitorio (nove oratori, scelti dalla famiglia) erano presenti tutte le Istituzioni e di quasi tutte nella sua lunghissima parabola politica è stato rappresentante eminente. Ma il popolo no: non c’era sia quello che un tempo salutava con i lucciconi agli occhi i dirigenti del partito scomparsi, da Togliatti a Berlinguer, ma anche quello che più recentemente si era commosso al funerale di Pietro Ingrao. I tempi sono cambiati ma è pur vero che Re Giorgio è sempre stato uomo delle Istituzioni, mai della piazza. "La politica per lui richiedeva analisi, ascolto, discussione, decisione, assunzione di responsabilità. Non sopportava la demagogia, lo spirito di fazione", sottolinea ancora il figlio Giulio. E parte da qui, Gianni Letta per raccontare un altro pezzo della storia: la convivenza "non sempre facile" tra il Presidente emerito e Silvio Berlusconi. Gli bastano dieci minuti per seppellire la teoria di quel golpe bianco che, a fine 2011, avrebbe portato alle dimissioni di Berlusconi premier, con il suo placet e all’avvio del governo tecnico di Mario Monti. "Certamente non intese mai il ruolo di presidente della Repubblica in modo notarile, ma non venne mai meno al rigoroso rispetto delle forme e dei limiti fissati dalla Costituzione", insiste Letta. Molti forzisti non la pensano così, eppure anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, porta un altro tassello al puzzle: "Napolitano ha guidato la Nazione riconoscendosi nei valori che sono le fondamenta della nostra Carta fondamentale". Che poi: alcuni leggono nell’elogio fatto dal gran Ciambellano azzurro del "bipolarismo mite" raffigurato dalla stretta di mano tra i due cordiali avversari nel ’94 durante il dibattito sulla fiducia al primo governo Berlusconi una bacchettata all’attuale maggioranza che con l’opposizione ha rapporti conflittuali. E certo l’esitazione di Giorgia Meloni & co. ad unirsi all’applauso al termine del rito non migliora la situazione. Smagliante la concluse di Letta, sgradita a sinistra: "Mi piace immaginare che incontrandosi lassù possano dirsi quello che non si dissero quaggiù e, placate le polemiche, possano chiarirsi e ritrovarsi nella luce".

A chiarire invece il ’sospeso’ nel partito in cui Napolitano "il migliorista" è sempre stato in minoranza (salvo esercitare un condizionamento incisivo una volta asceso al Colle), è Anna Finocchiaro. Colei che guidava i senatori del Pd quando Re Giorgio è asceso al Quirinale riconosce il ruolo determinante da lui svolto nel percorso che ha portato "l’ex Pci ad un’adesione convinta alla socialdemocrazia". Tocca al commissario Ue, Paolo Gentiloni esaltare il suo "europeismo, ma anche l’atlantismo ante-litteram", mentre il presidente emerito della Consulta, Giuliano Amato, ne ricorda "il tormento di fronte ai fatti di Budapest del ‘56 e di Praga nel ‘68 che lo portarono a dedicarsi alla difficile impresa di far prevalere nel Pci le altre ragioni comuni che pure c’erano".

Il cardinale Gianfranco Ravasi chiude la celebrazione aperta dal presidente della Camera, Lorenzo Fontana, raccontando il rapporto spirituale con "l’uomo di altissima cultura" che leggeva Thomas Mann e riteneva l’Ave verum di Mozart musica di "bellezza ultraterrena".