Mercoledì 24 Aprile 2024

Governo, Zingaretti sbotta: "Così non si va avanti"

I vertici del Pd incalzano Conte: "Tieni a bada Luigi". Irritazione anche al Colle

Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio (Imagoeconomica)

Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio (Imagoeconomica)

Roma, 31 agosto 2019 - Zingaretti questa non se l’aspettava. Dopo tutto quello che si è messo in moto, i contatti, il via libera a Conte, l’ alzata di ingegno di Di Maio era l’ultima cosa che poteva mettere in preventivo. E infatti c’è rimasto di sale. La prima reazione è di stizza: annulla l’incontro con il quasi alleato previsto nel pomeriggio. In pochi minuti la tensione schizza, il governo giallo-rosso è di nuovo in alto mare e i mercati entrano in fibrillazione. "Basta con gli ultimatum inaccettabili altrimenti non si va da nessun parte – tuona il segretario democratico – Patti chiari, amicizia lunga". 

È opinione diffusa al Nazareno che il leader pentastellato abbia voluto dare un assaggio di quello che potrebbe succedere se restasse ai margini del governo. Un messaggio diretto tanto al premier incaricato che non vuole avere vice, quanto al leader democratico che rifiuta l’idea di un suo bis come numero due di Conte. Siccome la discontinuità deve essere garantita in qualche modo, i vertici del Pd – qualora si puntasse sul doppio vice – chiedono che quello grillino sia almeno un’altra figura: magari Fraccaro. Di Maio va su tutte le furie, e il suo ultimatum fa esplodere l’ insoddisfazione diffusa tra i democratici in mattinata, al termine della consultazione con il premier. Perché non solo l’interlocutore era stato molto vago su tempi e quant’altro, ma aveva pure fatto capire che avrebbero toccato palla solo su poche caselle nel futuro governo: quelle chiave le deciderà lui, d’intesa con il Quirinale. Un atteggiamento che lascia allibita la delegazione democratica: "Ma chi è Napoleone?", butta lì qualcuno. E così, la miccia innescata dal quasi alleato grillino offre l’occasione a Zingaretti & co. di fare la voce grossa con Conte. Qualche ora dopo i colloqui formali a Montecitorio, Franceschini e Orlando si precipitano a Palazzo Chigi: "Basta con i diktat. Devi tenere a freno certe uscite. Un chiarimento sulle parole di Di Maio è la precondizione per proseguire". Presenti – insieme ad un Conte alquanto irritato – anche i pentastellati Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli. 

Volano stracci: gli uni e gli altri non se le mandano a dire. E si lasciano con le ostilità aperte: il premier incaricato – che è l’interlocutore pentastellato con la maiuscola per il Pd – ha assicurato che provvederà lui a fare una sintesi di due programmi ancora molto distanti. Ma la trattativa appare incagliata su temi delicatissimi come il destino dei decreti sicurezza. Oggi un nuovo round a Palazzo Chigi: al Nazareno regna la preoccupazione. "Di Maio è un problema", il ritornello che risuona nella sede democratica. Intanto, Zingaretti dice in giro che lui avrebbe tutto l’interesse a rompere ma non lo fa perché ha preso un impegno serio con il Presidente della Repubblica. E dal Colle filtra molto fastidio per tutta la vicenda...