Martedì 23 Aprile 2024

Governo, dai migranti all'Europa. Tutte le frizioni dei giallo-verdi

Lega e 5 Stelle alle prese con i dossier migranti, Europa e magistratura. Ecco chi ha vinto e chi ha perso

Matteo Salvini e Luigi Di Maio

Matteo Salvini e Luigi Di Maio

Roma, 26 agosto 2018 - Il caso Diciotti  rischia di mettere in  grandi difficoltà il movimento 5 Stelle. Lo raccontano le dichiarazioni di Roberto Fico, il presidente della Camera, i post su Facebook di alcuni parlamentari pentastellati, i malumori crescenti che serpeggiano tra i Palazzi della politica. Ciò nonostante, in pubblico, la sintonia tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio pare non esser venuta meno. Anzi. Il vicepremier e ministro del Lavoro, Di Maio, non nasconde attestati di solidarietà all'omologo leghista nonostante sia stato indagato (anche per sequestro di persona) dai pm di Agrigento e, sul caso Orban, che Salvini dovrebbe incontrare a breve, sorvola. Ma dietro il feeling di facciata, nel governo giallo-verde ci sono non poche tensioni.

MIGRANTI - Salvini ha dettato la linea. Sul caso Diciotti non ha mollato e, nonostante i malumori, gli attacchi, i pm di Agrigento che l'hanno indagato, ha tirato dritto. Morale: i migranti li accoglierà la Cei e una quarantina Albania e Irlanda. Di Maio ha appoggiato Salvini e, di fatto, lo ha spalleggiato, minacciando di non dare contributi alla Ue. Ma la vera grana per Di Maio è interna. Da Roberto Fico, al suo fedelissimo Luigi Gallo, fino a diversi parlamentari che si considerano vicini al presidente della Camera  (Elena Fattori, Paola Nugnes, Giuseppe Brescia e Andrea Colletti), sono tanti i malumori per la linea dura di Salvini appoggiata (almeno pubblicamente) dal leader grillino. I retroscena (smentiti) raccontano che il ministro del Lavoro avrebbe fatto parecchie telefonate a Fico e una chiamata a Salvini: "Deciditi sulla Diciotti, i miei non li tengo più". Sull'altro fronte, quello del Salvini-ministro e del Salvini-leader leghista, invece, la partita dei migranti è stata una vittoria. Non solo ha galvanizzato la base del Carroccio, ma ha anche portato il governo a seguirlo 'senza se e senza ma'.

MAGISTRATURAAnche sul fronte magistratura Di Maio ha difeso Salvini. Nonostante il ministro dell'Interno e leader leghista sia stato indagato per la vicenda Diciotti con capi d'accusa che spaziano dal sequestro di persona all'abuso d'ufficio fino all'arresto illegale, il capo politico del M5S non ne ha chiesto le dimissioni. Si è appigliato al codice etico dei ministri (sebbene avesse chiesto le dimissioni di Alfano, come gli ricorda il Pd e, in primis, Matteo Renzi) e, per tenere a bada la base stellata, si è smarcato dalle esternazioni di Salvini sulla magistratura. Avallare anche le sparate di Salvini in stile berlusconiano sarebbe stato troppo difficile da digerire dalla base, già inquieta dopo il caso Diciotti. "Non è che stiamo cambiando linea, se durante le indagini vengono fuori cose sconcertanti allora non aspettiamo il primo grado di giudizio e si devono dimettere", si è difeso il vicepremier grillino. Intanto, però, Salvini ha incassato un altro successo: non solo i problemi con i magistrati di Agrigento finiranno in un nulla di fatto (il tribunale dei ministri, in caso decidesse di procedere contro Salvini, dovrà chiedere il parere del Senato che, visti i numeri, difficilmente darà l'ok), ma le sparate anti-giudici hanno già permesso al ministro dell'Interno di avere la solidarietà di Berlusconi. Una solidarietà importante, considerando che, tra i due alleati, ultimamente non erano rose e fiori. 

EUROPAIl tema europeo, in verità, accomuna gli alleati di governo. Salvini piccona l'Europa sui migranti e Di Maio fa lo stesso sul bilancio Ue, minacciando il veto, lo stop ai contributi  (intento ribadito anche dal premier Giuseppe Conte) e la bocciatura del Ceta (l'accordo  commerciale Europa-Canada). Ciò che stride è l'asse sovranista che vorrebbe Salvini. Martedì ci sarà il vertice con il premier ungherese Orban e l'incontro ha già messo in fibrillazione i 5 Stelle. Di Maio, non sapendo come risolvere l'ennesima grana, ha mandato avanti i capigruppo grillini Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli che hanno derubricato il summit con Orban come "iniziativa politica della Lega, non dunque istituzionale e governativo". Di fatto, il Movimento ha cercato di smarcarsi per evitare di urtare le diverse sensibilità della base e dei parlamentari stellati, certamente non in linea con l'Internazionale sovranista che ha in mente Salvini.