Governo, le nomine in ballo. Dai viceministri ai sottosegretari: i favoriti

Scontro sul Copasir tra maggioranza e Pd. Ancora tutto da comporre il puzzle del "sottogoverno"

Il premier Conte tra Di Maio e Salvini (Ansa)

Il premier Conte tra Di Maio e Salvini (Ansa)

Roma, 9 giugno 2018 - Luigi Di Maio assicura che "faremo tutto nei prossimi giorni". Matteo Salvini, più prudente, preferisce parlare della "prossima settimana". Senza dire del fatto che il premier, Giuseppe Conte, è volato in Canada per tre giorni per partecipare al G7 e non tornerà prima di lunedì, ma, soprattutto, Conte, che già non ha potuto scegliersi i ministri (tutti imposti dal ‘dumvirato’ tra Lega e M5S), vorrà di certo poter dire la sua su viceministri e sottosegretari del governo che, fino a prova contraria, è lui a presidere. E così, l'unica cosa certa è che ci vorrà tempo, forse l'intera prossima settimana, per comporre il puzzle dei sottosegretari (20 all'M5S e 15 alla Lega) e dei viceministri (5 all'M5S e 3 alla Lega), il famoso 'sottogoverno', croce e delizia di tutti gli esecutivi quando devono partire, con relativo braccio di ferro tra i partiti che compongono la maggioranza di governo (in questo caso 2). Per non dire delle 28 poltrone da presidente delle commissioni parlamentari ordinarie (14 alla Camera e 14 al Senato) la cui latitanza è un problema perché, non solo in assenza di un governo, ma anche in assenza della formazione delle commissioni, il Parlamento non può lavorare. Non a caso, Camera e Senato, dopo aver votato la fiducia al governo, non hanno fatto più nulla e anche la prossima settimana rischia di passare a vuoto.

Poltrone, in ogni caso quelle delle commissioni parlamentari ordinarie, cui 'non' vanno sommate le due giunte per le autorizzazioni a procedere e le due commissioni di garanzie (Copasir e Vigilanza Rai): queste, per tradizione parlamentare, spettano alle minoranze e qui, infatti, se la giocano il dem Lorenzo Guerini per il Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, e gli azzurri Paolo Romani e Maurizio Gasparri per la Vigilanza Rai. Eppure, proprio intorno al Copasir, si sta consumando uno scontro – il primo, sul Potere ‘vero’ - tra maggioranza e opposizione.

LO SCONTRO SUL COPASIR - Infatti, con un blitz a sorpresa la maggioranza di governo 'gialloverde' sta pensando di affidare il Copasir al partito di Giorgia Meloni, Fratelli d'Italia. Il motivo è presto detto. Avendo il premier Conte voluto tenere per sé la delega sui servizi segreti (Aisi e Aise), senza cederla ai due partiti, ed essendo già il Viminale divenuto incontrastato predominio della Lega, il Copasir fa molta gola a Lega e M5S che vogliono mettere in un posto così delicato un uomo fidato. E stanno pensando di far saltare la regola che spetti all’opposizione, con tanto di precedente alla mano. Nel 2013 è successo che la Lega, allora al 4% dei voti, si astenne sul voto di fiducia al neonato governo Letta e ottenne lo stesso la presidenza del Copasir che andò a Giacomo Stucchi. Oggi, basandosi su quel precedente, la maggioranza gialloverde vorrebbe che il Copasir andasse a un'esponente di Fratelli d'Italia che si è astenuta sulla fiducia al governo e rappresenta un’opposizione ‘amica’. 

La presidenza è stata offerta dalla Lega e dall’M5S a Guido Crosetto, che i problemi della Difesa e della sicurezza italiana ha imparato a conoscere bene durante il suo periodo di sottosegretario della Difesa, ma le dimissioni annunciate di Crosetto da deputato hanno fatto ripiegare la scelta su Edmondo Cirielli, ex generale dell’Arma e specialista della materia. L'altro potenziale candidato di FdI, l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, è fuori dalla partita perché è diventato vicepresidente del Senato. 

Nel Pd sono già pronti a denunciare quello che riterrebbero "un fatto gravissimo", ma la sortita di Matteo Renzi, che nel suo discorso al Senato ha attaccato la ministra alla Difesa ("Chiameremo la ministra Trenta davanti al Copasir per motivi che ella sa"...), ha complicata la partita. Insomma, se non è stata una gaffe, quella di Renzi (il Copasir non si è ancora né formato né riunito), è di certo un pretesto per non assegnare quella presidenza al Pd. E così Guerini rischia di perdere una poltrona che vedeva già sua. 

SERVIZI SEGRETI E NON SOLO. LE DELEGHE DI PALAZZO CHIGI - Delicata e importante la partita dei ruoli interni che verranno giocati alla presidenza del Consiglio. Il premier Conte ha deciso di avocare a sé la delega ai servizi segreti, dato che sia M5S e Lega la reclamavano, la prima per Crimi e la seconda per Giorgetti, già ruolo chiave nella figura di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Giorgetti si dovrà occupare di palazzo Chigi, a partire dalla verbalizzazione dei cdm e all'istruttoria degli stessi, ruolo che nell'ultimo anno è stato ricoperto dalla sottosegretaria, ed ex ministra, Maria Elena Boschi. La quale vorrebbe che i suoi fedelissimi restino dove sono, cioè a palazzo Chigi. Infatti, avrebbe 'caldeggiato' proprio a Giorgetti, suo subentrante nel ruolo, la riconferma di Paolo Aquilanti, già funzionario del Senato e consigliere di Stato, nel ruolo chiave di segretario generale. Per ora, Aquilanti è stato riconfermato per 45 giorni, "un fatto mai visto" dicono a Palazzo. Un'altra pietra del potere boschiano è stata Daria Perrotta, consigliere giuridico e fino a pochi giorni fa capo della segreteria della Boschi, che potrebbe/vorrebbe restare dov'è, cioè a palazzo Chigi.

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Ma ancora più importanti sono le partite che riguardano le nomine ai vertici dei due servizi segreti, l'Aise e l'Aisi. Il 16 giugno scade il mandato di Mario Parente, direttore dell'Aisi, il servizio segreto interno. Il governo ha davanti a sé due opzioni: sostituirlo e prendersi la prima poltrona della sicurezza interna del nostro Paese oppure azzerare l'intero vertice dell'intelligence italiana. Alberto Manenti, direttore dell'Aise, il servizio segreto estero che segue anche la difficilissima partita del contrasto al terrorismo e quella dell'immigrazione, fronte su cui ha lavorato fianco a fianco con l’ex ministro di Gentiloni, Minniti. Una strategia, quella condotta da Minniti al Viminale, anche attraverso il rafforzamento dell'intelligence per sostenere il governo Serraj in Libia e il contenimento del traffico migratorio con accordi con le tribù dei trafficanti. Manenti è stato rinnovato, per un anno, dal governo Gentiloni insieme ad Alessandro Pansa, direttore del dipartimento che controlla sia l'Aise che l'Aisi, il Dis. L'accordo raggiunto con il Parlamento alla fine della scorsa legislatura prevedeva che il nuovo governo avrebbe potuto prevedere un rinnovo completo, una volta insediato. Conte potrebbe scegliere tutte e tre le figure apicali al vertice dei servizi, ma l'opzione più probabile è la conferma di Parente, che non ha neppure problemi di limiti di età, fino alla scadenza degli altri due. Per ora, in ogni caso, la delega all'intelligence resta in mano al premier Conte: in base alla legge del 2007 che ha regolato l'intero comparto, può affidarla a un sottosegretario, ma non se ha altre deleghe come Giorgetti che si occupa già del cdm.

Inoltre, mantenere a sé la delega sui servizi potrebbe essere un modo, per Conte, di 'rassicurare' gli Stati Uniti che sono - e restano - ostili alla fisionomica del governo gialloverde, soprattutto per i rapporti filo-russi che, da molti anni, la Lega intrattiene. In ogni caso, proprio per rafforzare la strategia del governo sull'immigrazione palazzo Chigi e Di Maio contano di fare un'altra nomina di peso, quella di Pasquale Salzano a consigliere diplomatico del premier. Giovane ambasciatore in Qatar, uno dei principali partner finanziari dell'Italia, Salzano è stato anche in corsa per diventare ministro degli Esteri, anche se dalla Farnesina avevano fatto sapere di apprezzare poco un salto di grado così drastico, ma diventare consigliere diplomatico del premier è un ottimo trampolino per fare carriera. La lista dei problemi di palazzo Chigi continua con il rebus su a chi affidare un'altra figura chiave, la delega all'Editoria, dove per ora c’è, in pole position, l'ex direttore del Centro di Pescara (ma soprattutto ex giornalista 'anti-Casta' prima all'Espresso e poi al Fatto quotidianoPrimo De Nicola.

I GRAND COMMIS DELLO STATO - Per quanto riguarda il ruolo di Ragioniere generale dello Stato, l'uomo cui spetta il compito di 'bollinare' le norme di natura finanziaria del governo (senza il suo ok non passa alcuna manovra economica e, non a caso, in passato gli scontri tra governi e Ragioneria generale si sono sprecati), il titolare attuale, Daniele Franco, ha appena incassato una proroga annuale ed è difficile una sua rapida sostituzione. Più delicata la posizione del Capo Dipartimento delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, anche se il neoministro Tria sembra più propenso a confermare che a sostituire. Sempre al Tesoro, in una casella cruciale, quella di direttore generale, sembra fatta per Antonio Guglielmi: famoso analista di Mediobanca, è noto per aver stimato anche i costi dell'uscita dell'Italia dall'Euro (la conclusione è stata: non ci conviene...) e così Guglielmi passerebbe dalla sede di Londra della sua banca d'affari al vertice della struttura amministrativa più importante dei ministeri. Sempre al Tesoro, tra le nomine più urgenti, c'è quella della presidenza della Commissione tecnica fabbisogni standard dalla quale dipendono scelte che spostano miliardi di spesa pubblica. Il presidente, Luigi Marattin, si è dimesso dopo la sua elezione in Parlamento (è diventato deputato del Pd). La scelta spetta al premier.

Aria di grandi cambiamenti al Viminale. Sotto i riflettori c'è soprattutto la posizione del Capo della Polizia, Franco Gabrielli, che però ha stabilito un buon rapporto con il ministro Salvini. Alla Difesa ballano le poltrone del segretario generale, Carlo Magrassi, e di tutti e cinque i capi attuali di Stato Maggiore delle diverse Armi. Al Mise potrebbe fare ritorno Vito Cozzoli, oggi a capo del Servizio di Sicurezza della Camera. Tra le società controllate dal Tesoro, è battaglia a due per la guida di Cassa Depositi e Prestiti, oggi guidata da Fabio Gallia e Claudio Costamagna, come presidente e ad, che hanno annunciato l'intenzione di lasciare. L'M5S preferirebbe la soluzione interna con la promozione di Fabrizio Palermo, attuale Cfo. Oltre alla Cdp, andranno in scadenza, con rinnovi previsti per il mese di giugno, anche altre due importanti società pubbliche, la Sogei e il Gse.

ROULETTE VICEMINISTRI E SOTTOSEGRETARI - Passando alla scacchiera dei viceministri e dei sottosegretari, le caselle più pesanti riguardano i ministeri dei due vicepremier, Salvini e Di Maio. Al Viminale, Matteo Salvini, che ha appena nominato come suo capo di gabinetto un prefetto di carriera, Matteo Piantedosi, prefetto di Bologna, punta a due fedelissimi per governare una macchina complessa che lui - facendo, insieme, il vicepremier, il ministro e il leader della Lega - farà fatica a seguire: Stefano Candiani, fedelissimo del leader lumbard, come viceministro, e come sottosegretario Nicola Molteni, astro nascente del leghismo di governo, ora presidente della commissione speciale della Camera che ha esaminato il Def. In caduta libera, invece, le quotazioni di Gianni Tonelli, sindacalista del Sap, noto per le sue uscite poco felici su ragazzi uccisi o manganellati. Il M5S, invece, punta a piazzare al Viminale Fabiana Dadone oppure Giulia Sarti, ma soprattutto non vuole lasciare il ministero dell'Interno in mano alla Lega. Anche al Mise (Sviluppo economico) e al Lavoro, i due ministeri che saranno accorpati per decisione del vicepremier Luigi Di Maio, i pentastellati vogliono piazzare uomini di loro fiducia (Nunzia Catalfo e Lorenzo Fioramonti, economista keynesiano, i nomi che girano) come sottosegretari, ma anche il fedelissimo Stefano Buffagni (se non la spunterà all'Economia) come viceministro mentre la Lega pensa all'ideologo della flat tax, Armando Siri, o al ligure Edoardo Rixi ma solo nella veste di sottosegretario. 

Il nodo della delega sulle Tlc (le Telecomunicazioni), che sta dentro il Mise, ma ha struttura e sede autonoma e conta quanto un ministero, se non di più, è ritenuto strategico un po' da tutti, maggioranza e opposizione, specialmente da Berlusconi, che 'teme' per le sue tv. Un centro di potere che la Lega reclama per sé (in pole c'è il giornalista Alessandro Morelli, direttore del sito 'IlPopulista.it') ma che i Cinque Stelle vorrebbero mantenere nel loro alveo per non fare la parte di quelli che cercano l'appeasement con il mondo Mediaset. 

All'Economia si combatte per decidere chi affiancherà il ministro, il tecnico Giovanni Tria: spera la deputata Laura Castelli, unica donna ammessa al tavolo del contratto di governo, forse al fianco di Stefano Buffagni, uomo molto vicino a Davide Casaleggio, che da sempre coltiva il sogno di trasformare la Cassa depositi e prestiti (Cdp) in una banca pubblica di investimenti che finanzi l'innovazione tecnologica. In pole, ovviamente, anche molti nomi del Carroccio come Alberto Bagnaieconomista No-Euro

Agli Esteri, il ministro Moavero Milanesi vorrebbe contare sull'esperienza del giornalista Emilio Carelli, eletto con i 5Stelle, già volto noto di Mediaset e di Sky, ma in pole position, sempre tra i grillini, ci sono anche Emanuela Del Re e il 'putiniano' Manlio Di Stefano,diventato famoso anche per le sue prese di posizione pro-Palestina e pro-Venezuela di Maduro, e si fa anche il nome del deputato lucano Vito Petrocelli. Sempre per gli Esteri si fa largo il senatore eletto all'Estero e leader del Maie, Antonio Riccardo Merlo: vuole far valere i suoi buoni rapporti con gli italiani all'estero e, con il suo collega Cairo, ha votato la fiducia al governo al Senato. Salvini, invece, vuole assicurarsi per la Lega un'altra delega importante, quella della Cooperazione internazionale, ma per una figura che sta ancora individuando.

Alla Giustizia, il guardasigilli Alfonso Bonafede deve ancora decidere chi nominare come suo capo di gabinetto (che conta molto di più di un sottosegretario) e non ha ancora ha deciso. In posizione privilegiata, nella corsa, c'è il magistrato Alessandro Pepe, della stessa corrente dell'Anm il cui leader è il giudice Piercamillo Davigo, molto amato dai 5Stelle per le sue storiche battaglie condotte nel nome della lotta alla corruzione. Per le poltrone dei due vice del dicastero e per ricoprire il ruolo di direttore del Dap (che gestisce un altro dossier caldo, quello delle carceri, ormai sul punto di esplodere) ci sono i magistrati Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, pm antimafia e nome molto ammirato nella galassia a 5Stelle. 

Alle Infrastrutture la Lega vuole mettere, per affiancare il ministro Toninelli (M5S), l'ex direttore generale di Infrastrutture lombarde Guido Bonomelli e il leghista Raffaele Volpi (se questi non andrà alla Difesa) che ha messo in piedi la rete di 'Noi con Salvini' al Sud, o Barbara Saltamartini (ex An, ex Ncd, ora Lega), una delle poche donne in ballo. Buone le chances, sempre per il motivo della scarsa presenza di nomi femminili al governo, della bolognese, leghista doc, Lucia Borgonzoni

PRESIDENZE DI COMMISSIONE E GRUPPI - Sulle presidenze delle commissioni parlamentari, per un patto interno al contratto (non scritto) gialloverde vale la regola che chi prenderà la presidenza di una commissione alla Camera non potrà avere lo stesso ruolo al Senato per lo stesso partito (e viceversa). I pentastellati stanno procedendo con una pratica classica, quella dei curricula, per piazzare nelle commissioni chiave i loro uomini. Giulia Sarti e Vittorio Ferraresi sono i nomi in lizza per dirigere i lavori della commissione Giustizia, Carla Ruocco ambisce a presiedere la commissione Finanze, lasciando spazio al leghista, e altro economista No-Euro, Claudio Borghi, per dirigere la commissione Bilancio. Corrono per le presidenze delle commissioni Esteri i deputati pentastellati Marta Grande e Manlio Di Stefano, quest'ultimo se dovesse perdere la gara da viceministro. 

Per le presidenze dei gruppi parlamentari, i 5Stelle hanno deciso di nominare il triestino Stefano Patanuelli, al debutto in Parlamento, e per il messinese Francesco D'Uva a Montecitorio, al posto di Danilo Toninelli e Giulia Grillo, diventati entrambi ministri. Per la Lega il lavoro per l'individuazione dei nuovi capigruppo di Camera e Senato si sta rilevando, invece, più faticosa. I due capigruppi eletti, Giancarlo Giorgetti alla Camera e Gian Marco Centinaio al Senato, sono entrati nella squadra di Governo. Al momento sono quattro i nomi in lizza. Per il Senato si parla di Stefano Candiani e del neoeletto Massimiliano Romeo. Per la Camera, invece, si fanno i nomi di Nicola Molteni (attuale presidente della commissione speciale) e Guido Guidesi, in corsa anche per incarichi di governo.