ANALISI / Pd-Cinquestelle, Di Maio si gioca tutto

I democratici andranno a vedere le carte grilline, ma potrebbero chiedere un

Roberto Fico e Luigi Di Maio (Ansa)

Roberto Fico e Luigi Di Maio (Ansa)

E quattro. Dopo due giri di consultazioni con i partiti e l’esplorazione del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati è la volta dell’omologo di Montecitorio Roberto Fico. Anche per lui mandato preciso, speculare a quello della Casellati. La mossa di Mattarella "obbliga" il Pd a sedersi al tavolo se non con Di Maio almeno con Fico. Ufficialmente la pattuglia dem è coesa, in realtà le spaccature venute a galla finora si stanno evidenziando con sempre maggiore evidenza. Tant’è che a fronte di una netta chiusura dei proconsoli renziani in parlamento (specie al Senato), la reazione del segretario reggente Maurizio Martina è tutto sommato aperturista. ("Ci sediamo con Fico solo se Di Maio chiude le trattative parallele con la Lega o il centrodestra"). Una condizione minima che Martina non poteva non chiedere, e che Di Maio sembra concedere. Con il forno del centrodestra che appare vicino allo spegnimento, il M5S si gioca tutto con il Pd. Il M5S ma soprattutto Di Maio, giunto alla sua ultima curva. O la va o la spacca. Se riuscirà in qualche modo a convincere il Pd a una collaborazione con il M5S e se riuscirà a farlo partendo dal suo nome.  Difficile che avvengano entrambe le cose. Difficile che i nazareni accettino di mutare radicalmente linea con quanto sostenuto da subito dopo il 4 marzo e votato in direzione, ma più ancora difficile che acconsentano la leadership di colui che in campagna elettorale ha più degli altri martellato contro il partito di governo e il suo segretario, Matteo Renzi, che, non dimentichiamolo, mantiene ancora una buona presa nei gruppi parlamentari, specie al Senato dove un ipotetico esecutivo M5S-Pd si reggerebbe su un margine numerico estremamente esiguo. Se proprio governo M5S deve essere allora è più probabile che dalla roulette del Quirinale esca con l’avallo del Pd il nome di Fico, che peraltro avrebbe il vantaggio di liberare per i dem il posto di presidente della Camera. La sostanza è che si apre una riflessione all’interno del Pd, dove molto conterà la posizione di Matteo Renzi. Per adesso l’ex segretario non ha cambiato posizione, ma non è detto che ciò non possa avvenire nelle prossime ore. Il risultato molisano ha messo un po’ di piombo nelle ali ai grillini minando in loro e negli altri la convinzione che con un rapido ritorno al voto il consenso pentastellato possa salire ancora di più, e approfittando di questa difficoltà il Pd potrebbe anche pensare a un accordo su un nome terzo. Se fallisce Fico arriva un governo del presidente, ipotesi che va molto meglio al Pd che ai Cinquestelle. I dem lo sanno, i grillini pure. Ed è per questo che potrebbero anche abbassare le proprie pretese. Potrebbero.