Il metodo Mattarella

Roma, 21 aprile 2018 - Qualunque sia il proseguo della crisi di governo, è già possibile tratteggiare un quadro dello 'stile-Mattarella' che emerge dalla conduzione di questo mese e mezzo di post-voto. Sergio Mattarella era al suo primo 'rompicapo presidenziale' (l’altra crisi, quella che portò alla nascita dell’esecutivo Gentiloni, si chiuse in pochi giorni) che ha affrontato con un metodo di lavoro da una parte nuovo - basti osservare l’inedito mandato 'a tema' affidato alla Casellati - dall’altra pienamente nel solco delle prerogative che la Costituzione affida al Capo dello Stato.

La bussola che ha guidato le mosse del presidente è stata sempre quella di individuare la reale volontà dei partiti a loro volta espressione della volontà popolare sancita dal voto, in modo che la soluzione prendesse via via corpo da sé. Una sorta di metodo maieutico. Mattarella non ha mai cercato di imporre il proprio punto di vista, men che meno di propiziare scenari. Si dirà che tutto questo è il compito del presidente della repubblica previsto dalla Costituzione italiana del ’48, e che quindi l’attuale inquilino del Quirinale non ha fatto che applicare la Carta.

Sì, certo, se non che non tutti i suoi predecessori si sono comportati nello stesso modo, e nessuno di loro è stato imputato di alto tradimento. Basta pensare al ruolo attivo assunto da Napolitano alla fine del governo Berlusconi, e allo stesso interventismo di Scalfaro. Con Mattarella si è davvero voltato pagina. I partiti se ne sono accorti, tant’è che la fiducia riposta nelle scelte del Capo dello Stato è totale. Mattarella potrà anche sbagliare e sarà la Storia a dirlo, ma tutti sanno che dietro alle sue scelte non c’è altro che la sua volontà di applicare la Costituzione. Non è poco. Non sempre in passato è stato così.