Per approfondire:
La partita del sottogoverno (viceministri e sottosegretari) si apre oggi per il premier Mario Draghi. Ma di certo, oggi, non si chiude. Il braccio di ferro tra i partiti è appena iniziato e ci vorranno giorni per concluderlo. Bisogna partire dalle quote che, in base al manuale Cencelli, spettano a ogni partito. I partiti che già reggevano il Conte due (M5s-Pd-LeU-Iv) devono fare largo a Lega e FI, entrate in maggioranza, e dare un contentino ai piccoli. Le quote, stabilite in base al Cencelli, sono queste: 12, 13 sottosegretari al M5s, sette ciascuno a Pd, FI, Lega, due a Iv, uno a LeU e tre da dividersi tra i gruppi più piccoli. La somma però non deve superare il magic number dei 65 membri al governo, norma stabilita per legge, tetto che Draghi di certo non sfonderà. E deve rispettare una richiesta oggi in gran voga, quella della parità di genere. Un tema che, almeno nel Pd, è diventato un caso politico. In pratica, data l’assenza di ministri donne, nella delegazione dem al governo, ne è scaturita la rivolta delle donne. Ecco perché. In casa dem, vale l’adagio: "Cherchez la femme!". I nomi certi che girano tra gli azzurri sono sei: Valentino Valentini, ex braccio destro di Silvio Berlusconi, agli Esteri; Francesco Battistoni, uomo ombra di Tajani, all’Agricoltura; l’avvocato barese, musicista per passione, Francesco Paolo Sisto alla Giustizia; il piemontese Gilberto Pichetto Frantin in un dicastero economico, forse al Mef; Giuseppe Tommaso Vincenzo Mangialavori, molto vicino alla potente Licia Ronzulli, al Lavoro. Nel Pd ottime chance ha Marianna Madia, ex ministra, al Mef o all’Innovazione tecnologica. Possibili le riconferme per Marina Sereni agli Esteri e Anna Ascani alla Scuola, ma si giocano la riconferma le uscenti Sandra Zampa (Salute), Simona Malpezzi (Rapporti con il Parlamento), Alessia Morani (Mise), Francesca Puglisi ...
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