Mercoledì 24 Aprile 2024

Come Andreotti sceglieva i ministri: "Nomi che godano di stima. I tecnici? Una rovina..."

Il taccuino su come si forma un governo che il Divo Giulio donò al nostro cronista. Dentro c’è tutta la tecnica sviluppata dal sette volte presidente del Consiglio "Le raccomandazioni? Servono a pochissimo. Ma ci provano sempre tutti"

Il giuramento del 29 luglio del 1976: nasce l’Andreotti III

Il giuramento del 29 luglio del 1976: nasce l’Andreotti III

Roma, 15 ottobre 2022 - Come si forma un governo? Come si scelgono i ministri? Come conciliare l’appartenenza ad un partito con il pluralismo? A queste domande di stringente attualità risponde… Giulio Andreotti.

Lo intervistai il 2 aprile del 1980, due giorni prima che una coalizione Dc-Psi-Pri desse vita al governo Cossiga 2. Presidente della Repubblica era Sandro Pertini. In quel periodo Andreotti, 7 volte presidente del Consiglio, 34 volte ministro, non aveva incarichi. "Prova a sentirlo, è il momento buono", mi disse il direttore Tino Neirotti.

Il Divo Giulio mi ricevette nel suo studio in piazza Montecitorio: litografie di Marc Chagall, una vetrinetta con cimeli e ricordi di viaggi all’estero, una scrivania coperta di libri, giornali, fascicoli in equilibrio instabile. Vestito di scuro, come sempre. Affabile. Capace di concentrarsi nonostante gli squilli a ripetizione di 5 o 6 telefoni.

"Ieri sera – esordì – mi sono divertito a immaginare quali domande mi avrebbe fatto e ho scritto le risposte su questo taccuino di mia figlia. Le legga. Poi, se le resta qualcosa da chiedere, faccia pure". Sfogliai il quadernetto, formato 11 per 9 centimetri, una copertina con un cagnolino e un gatto. Pagine a colori verdi, gialle, arancione, 16 vergate con una scrittura minuscola, veloce, non priva di correzioni. L’ultima pagina aveva la sua firma. Ero sbalordito nel pensare che un uomo potente e impegnato come lui si fosse dato la pena di dedicarmi un po’ del suo tempo privato.

Iniziai con una domanda provocatoria: le raccomandazioni contano? Fece un mezzo sorriso: "Poco. Ma ci provano tutti. Quasi tutti. C’è chi minaccia il suicidio. Chi minaccia. Chi ricorre a mezzi umilianti. Sa cosa capitò al primo ministro belga Leo Tindemans? Un aspirante ministro gli mandò più volte in ufficio la propria moglie, una bella donna, come opera di convincimento. La signora Tindemans fece una scenata e il candidato non ebbe il posto. In Italia non mi risultano casi simili. Le mogli sono importanti, ma non in quel senso".

Cosa conta di più per diventare ministro? "Il credito personale costruito in Parlamento, lavorando in particolare nelle Commissioni. Conta l’esperienza amministrativa, la dedizione al lavoro, la capacità di avere buoni rapporti anche con gli avversari". E la competenza? "Non è determinante. L’esigenza primaria è il rispetto delle regole amministrative. Ma è evidente che il rispetto presuppone la conoscenza".

Una delle domande che Andreotti aveva previsto era quella sulla legittimità di un governo “tecnico”. "Non è vietato – rispose – ricorrere a qualche “innesto“: ma fra 630 deputati e 322 senatori deve ben esserci una possibilità di scelta. Tecnici debbono essere soprattutto i collaboratori di un ministro, oltre che i membri dei consigli superiori e degli organi di consulenza". Fece una pausa. Poi aggiunse con un lampo di malizia: "Ci sono tre modi per rovinarsi. Il più rapido è il gioco. Il più divertente, le donne. Il più sicuro, i tecnici".

Un buon governo – questa la sintesi del pensiero andreottiano – è formato da persone che hanno equilibrio, misura, buonsenso. "È assurdo assegnare un dicastero prescindendo dalle doti personali e avendo riguardo solo alla corrente di appartenenza. In un sistema di gruppi parlamentari modellati sui partiti (volontario e consapevole condizionamento delle singole personalità in un organico gioco di squadre), è naturale che i gruppi intervengano. Ma i ministri di un buon governo sono quelli che non dimenticano di essere soprattutto tributari del giuramento di fedeltà allo Stato e riconoscono i doveri di coordinamento spettanti al presidente del Consiglio".