Governo italiano, il 55% dice sì a Lega-M5s. Ma solo se a tempo

Il sondaggio: oltre metà degli italiani per un governo di scopo. Alleanza solo per cambiare la legge elettorale e tornare al voto Presidenti di Camera e Senato, regole e tempi dell'elezione. Chi sono i 'candidati' Nuovo governo, la tentazione di Di Maio: guidare la Camera

Luigi Di Maio (Dire)

Luigi Di Maio (Dire)

Roma, 18 marzo 2018 -  Una poltrona per tre. Chi sarà il prossimo presidente del Consiglio dei ministri è ancora difficile da decifrare, però nelle ultime ore si avvalora con maggiori quotazioni la possibilità di una alleanza tra M5S e Lega. In tal caso le ipotesi in campo su chi potrà varcare il portone di Palazzo Chigi sono tre. La tesi meno probabile è che con questo tipo di alleanza Salvini possa essere il premier: se la Lega si stacca dalla coalizione del centrodestra per poter far nascere un governo con il M5S, i pentastellati metteranno sul piatto il concetto che il loro peso elettorale è risultato quasi doppio rispetto alla Lega e quindi non potranno cedere lo scettro a Salvini. Ma al contempo il leader della Lega non potrà accettare di separarsi dal centrodestra per appoggiare un presidente grillino. Anche questa seconda ipotesi sembra, dunque, poco probabile.

Presidenti di Camera e Senato, regole e tempi dell'elezione. Chi sono i 'candidati'

La possibilità maggiore è che la Realpolitik raggiungerà un compromesso e nella sintesi delle parti si potrebbe trovare un terzo, al di fuori dei due partiti e che funga da elemento di garanzia per entrambi. Questo però sarà compito del presidente della Repubblica. È innegabile che i due leader che hanno aumentato i consensi in misura considerevole sono Di Maio e Salvini. Al di là di quelle che saranno le tattiche politiche, come sono percepiti dagli italiani? Gli elettori cosa pensano di un eventuale governo M5S-Lega?

FIDUCIA E ALLEANZE - In termini di fiducia Di Maio supera leggermente Salvini, 28% contro 24%. Non eccessivamente distanti tra loro, dunque. Se invece si analizza il livello di gradimento nei confronti di un eventuale esecutivo formato da queste due liste, le cose assumono un significato un po’ diverso. La somma complessiva dei consensi ricevuti nell’urna lo scorso 4 marzo è pari al 50%.

Però se si chiede agli italiani di esprimere un giudizio su questa ipotetica alleanza, il 36% dichiara di essere favorevole e il 48% contrario. È abbastanza naturale che la quota dei favorevoli all’alleanza (36%) sia minore rispetto alla sommatoria del consenso alle due liste (50%). Sia i votanti Lega che M5S risultano particolarmente divisi su questa eventualità: tra gli ‘ex padani’ i favorevoli (40%) sono quasi alla pari dei contrari (42%). Stessa dinamica anche tra gli elettori M5S: favorevoli al 34% e contrari al 37%.

Da questi dati già si comprende quale potrebbe essere il punto di debolezza di questa unione: se sarà più facile avere la maggioranza in Parlamento, più difficile sarà il compito di far apprezzare ai propri elettori una alleanza definita "anomala". L’elettorato italiano è molto fluido, può decidere di abbandonare un partito in maniera veloce. La fidelizzazione ormai non è più un valore. Bisogna anche notare che questo eventuale accordo di governo, secondo la maggioranza degli italiani, dovrebbe essere finalizzato esclusivamente a cambiare la legge elettorale e ritornare al voto in tempi brevi: la pensa così il 55%.

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La cosa più interessante è analizzare i profili dei due elettorati, che sembrano molto diversi e poco complementari tra loro. La differenza non è solo nella distribuzione dei voti a livello territoriale, Lega al Nord e M5S al Sud (anche se bisogna notare che i pentastellati al Nord hanno raccolto molti più consensi della Lega al Sud) ma anche nella composizione ideologica degli elettorati. Il partito di Di Maio ha circa il 40% di voti provenienti dal centrosinistra, un elettorato mobile che al momento è ‘parcheggiato’ nei 5 Stelle nell’attesa che la sinistra si riposizioni. E questi elettori potrebbero percepire in maniera negativa un’alleanza con la Lega che esprime posizioni di destra.

Le criticità sono tante, ma è chiaro che in un sistema proporzionale qualsiasi unione post voto diventa anomala. Il Pd forse ha già pagato lo scotto delle innaturali alleanze con il centrodestra della precedente legislatura; gli elettori vogliono chiarezza e se il cambio di casacca è una pratica comune tra i parlamentari, l’impatto sull’opinione pubblica è estremamente negativo. Ecco che quindi l’elettorato sembra più razionale della classe politica: cambiare la legge elettorale e ritornare alle urne a breve.

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