Governo italiano e inciucio, da Cavour a Renzi

Il primo caso nel Risorgimento. E negli anni Novanta si ricorda il patto della crostata tra D’Alema e Berlusconi

Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi (Foto Paolo Tre)

Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi (Foto Paolo Tre)

Roma, 17 agosto 2019 - L’origine della parola 'inciucio' è onomatopeica. Per capirsi: quando due persone parlano a bassa voce, fitto fitto, bisbigliando chissà quali piccanti pettegolezzi che cosa si sente? Un "ciu-ciu" o un "ciòciò" di origine napoletana. La prima attestazione del "ciu-ciu" è abbastanza recente (per i tempi della storia): si suol far risalire il tutto al celebre vocabolario 'Napolitano-italiano' datato 1873 e a cura di Raffaele D’Ambra: si segnalavano, appunto, le forme onomatopeiche "Ciò-ciò" e "ciu-ciu" per attestare un accordo sottobanco, una reciprocità di favori.

Il termine fu sdoganato a metà anni Novanta del Novecento ed è diventato sinonimo di accordo sottobanco, se non inconfessabile certo non virtuoso. Ma prima del supposto accordo fra 5 Stelle e Pd con retromarce varie (da Renzi a Grillo, da Di Maio a Zingaretti), la storia dell’inciucio nasce in una fredda notte del febbraio 1852 a Torino, pieno Risorgimento. Cavour vuole arrivare al potere. Si avvale dell’aiuto di un suo fedelissimo, l’avvocato Michelangelo Castelli. Il quale, tramite messaggi segretissimi, contatta il deputato Domenico Buffa. Buffa è tipo avvezzo alla politica di corridoio e uomo di fiducia di Urbano Rattazzi, capo della Sinistra. Ci sarà un accordo tra centrodestra (Cavour) e centrosinistra (Rattazzi) per il governo del Regno di Sardegna (l’Italia unita sarebbe arrivata nove anni dopo). Un governo, detto del Connubio, che mette fuori gioco Massimo d’Azeglio e che esclude le ali estreme dai giochi di governo e che durò cinque anni, fino cioè al 1857. L’inciucio come pratica di governo ha esempi infiniti. C’è chi annovera anche il 'trasformismo', inaugurato da Agostino Depretis nel 1882 con la cooptazione di elementi della minoranza nella maggioranza. Celebre la frase dell’‘uomo di Stradella’: "Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre fila, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?".

Di sicuro tutta la storia politica d’Italia è piena di inciuci. Occorre, però, attendere gli anni Novanta del secolo scorso perché la parola 'inciucio' entri a pieno diritto nei vocabolari di Palazzo. Ne parla Massimo D’Alema, allora leader della sinistra post comunista nel 1997. Nella notte tra il 17 e il 18 giugno, in via della Camilluccia, zona fighetta di Roma Nord, si vedono i vertici di centrosinistra e centrodestra, tra i quali spiccano il leader dei Ds D’Alema e quello azzurro Berlusconi. Il patto, siglato appunto davanti a una crostata di more – ma c’è chi sostiene di albicocche, vai a sapere – della signora Letta (moglie di Gianni, massimo suggeritore del Cavaliere) stabilisce che il centrosinistra non avrebbe tormentato Silvio con la questione delle tv e avrebbe altresì pensato a una seria riforma costituzionale e della giustizia. Cominciano a circolare voci di accordi segreti. Voci che D’Alema bolla come «inciuci». Ma paradossi della Storia, proprio da un’interpretazione distorta, quella parola diventa di uso corrente. Non abbiano capito chi, ma nel 2010 qualcuno ha trovato questa parola in 1500 volumi.

Altro celebre inciucio il Patto del Nazareno. L’anno è il 2014, il mese gennaio e i protagonisti, riuniti nella sede del Pd al Nazareno appunto, sono il leader dem Matteo Renzi e Berlusconi. Un patto, anche questo, ecumenico, praticamente su tutto, in particolare sulla legge elettorale, l’Italicum. Le prove dell’incontro ci sono. Le prove di quel che i due politici si siano detti, no. Fatto sta che, l’anno dopo, il patto si rompe. Oggetto del contendere l’ingresso al Colle più alto di Roma di Sergio Mattarella. Insomma, la politica si nutre di inciuci. Però, e senza provocare, inciucio è parola quasi ironica. Spiritosa. Da commedia dell’arte. Nulla di grave, verrebbe voglia di dire. Vuoi mettere "patto segreto", "patto inconfessabile" o "intrallazzo" (dal siciliano "’ntrillazzu")? Chissà: magari domani, potremmo assistere a un’altra declinazione dell’inciucio: il patto della frittata (quella che, a detta di Di Maio, avrebbe fatto Salvini...).