Nel Giglio magico brilla Lotti. Boschi resta a Palazzo Chigi

Il referendum non sfratta l’icona della riforma bocciata

Maria Elena Boschi (Lapresse)

Maria Elena Boschi (Lapresse)

Roma, 13 dicembre 2016 - MARIA Elena e Luca, la Boschi e il Lotti, l’aretina e l’empolese, il giovane avvocato che scopre la politica sul lato dalemiano (parteggiava per Michele Ventura che perse male le primarie a candidato sindaco di Firenze contro Renzi) e solo dopo su quello renziano, e il carrarmato di Matteo Renzi da quelle primarie in poi, cioè da sempre.  I loro destini sono legati da anni, da quando il loro Re Sole, Renzi, decise il grande salto: presidente di Provincia, sindaco di Firenze, candidato alle primarie contro Bersani (perse) e contro Cuperlo, (vinte) segretario del Pd e poi successore di Enrico Letta a palazzo Chigi. L’ascesa, il trionfo, dietro «Cesare» e, ora, da poco, la caduta, ben più repentina e drammatica del trionfo, e per entrambi.    SOLO che la caduta della Boschi, esposta per forza di cose al pubblico ludibrio in quanto «madre regina» della riforma costituzionale bocciata, è stata più eclatante e pesante di quella di Lotti, sempre spettinato e sempre vestito un po’ male, parco di dichiarazioni, interviste, comizi. Ieri era lei a sorridere, felice e soddisfatta, nel Salone delle Cerimonie del Quirinale. Tailleur nero formale, assai lontano dal completo blu elettrico indossato 4 anni fa quando giurò, da ministra, nelle mani di Napolitano, Maria Elena è tornata radiosa.  Eppure, dicono i renziani ‘cattivi’, «la sua è una evidente diminutio. Esce da ministro di Renzi ed entra sottosegretario nel governo Gentiloni. Firmerà l’ordine del giorno del consiglio dei ministri, ma è una pura funzione notarile: scriverà l’ordine del giorno, terrà l’agenda delle riunioni, punto».  Le cose, in realtà, sono sempre meglio di come appaiono: quel ruolo, che fu di Gianni Letta è «un ruolo importante, chiave» dicono i suoi, senza dire che terrà, pare, deleghe ereditate dal ministero precedente (Pari Opportunità e Adozioni). Eppure, alle Riforme, Lei non poteva restare. Per dialogare con gli altri partiti, sulla legge elettorale, serviva una persona meno divisiva. Ed ecco, infatti, che alle Riforme va la paziente, e glaciale, oltre che esperta, Anna Finocchiaro.  Inoltre, Renzi non si fa vedere in pubblico con lei da troppo tempo. Leopolda 2015, per la precisione, quando il crac di Banca Etruria piombò sul capo di suo padre.  Infine, i suoi sms continui, quasi insistenti, di certo pieni di pathos, per convincere il neo premier, Gentiloni, quasi stupito – così si dice – da tanta gentile insistenza. Renzi, di certo, non l’ha mollata («Farai quello che vorrai, decidi tu», le ha detto), anzi, l’ha aiutata, ma per vincere il congresso e le elezioni serve Lui, Luca Lotti. Promosso ministro allo Sport, che a una prima occhiata sembra una delega assai «leggera», mantiene le deleghe (pesanti, pesantissime) all’Editoria e al Cipe, cioè i soldi. 

CERTO, non arriva la delega ai Servizi segreti, delega che Gentiloni si tiene ben stretta e a cui Lotti mirava perché suo vecchio pallino. Ma il vero «bingo» Lotti lo fa nell’essere diventato ministro e, di conseguenza, nel partecipare alle riunioni del cdm. Pochi sanno che pur con il ruolo di sottosegretario, Lotti, fino a ieri, non ci entrava nemmeno, in cdm: a verbalizzare le sedute era De Vincenti. Ma è lì dentro che si decide «la Politica», scelte di governo e non solo. «Nel cdm sono entrati, o rientrati, tutti i capi corrente del Pd (Franceschini, Orlando, Martina, ndr) – spiega un ‘lottiano’ – ma mancava un... renziano e Luca è il capocorrente di Renzi. Prima non serviva, perchè al governo c’era Matteo, e Luca gli stava subito dietro, ora serve, eccome se serve».  Eccola, dunque, la spiegazione: Lotti agirà da «dante causa» di Renzi, senza dire che «darà una mano a Renzi per preparare il congresso, vincerlo e andare al voto». Certo, Lotti – ombroso e silenzioso di suo – dovrà diventare più loquace, forse persino «simpatico». Ma tant’è, à la guerre comme à la guerre. E Maria Elena? Sorriderà, guardando il cdm dentro e il governo da vicino, da palazzo Chigi, ammaliante, come sa fare solo lei. Alla faccia delle polemiche e dei tormentoni contro il suo volto, e il suo ruolo, che sono già partite. Alla faccia anche di quei renziani che, ieri, perfidi, più che cattivi, dicevano: «mantenere Maria Elena al governo è peggio di un delitto, è un grave errore politico».