Governo, pressing su Draghi: "Deve restare". Dire di no diventa difficile

In Italia fioccano gli appelli. E le richieste internazionali sono impossibili da ignorare. Se il premier dovesse tirare dritto, si autoescluderebbe da futuri ruoli di prestigio

Roma, 17 luglio 2022 - "La realtà – spiega un vecchio frequentatore del Palazzo – è che nessuno è tanto padrone del proprio futuro da poter decidere in completa autonomia le mosse da fare". Così le giornate che Mario Draghi trascorre in silenzio tra la casa dei Parioli e il buen retiro in Umbria sono per il premier quelle delle riflessioni, dei pesi e contrappesi. Perché, come pare si sia lasciato scappare l’ex presidente Bce con un collaboratore, "ci sono molte ragioni per mollare e altrettante per restare".

Mario Draghi (Ansa)
Mario Draghi (Ansa)

Per adesso si registra solamente un appello corale mai visto in precedenza, interno ed esterno, affinché ritiri le dimissioni. Draghi è descritto come "deciso", "determinato a tener duro". Ma le giornate scorrono lente, e le decisioni tutt’altro che scontate. Chi lo conosce lo ritiene un uomo non avvezzo ai giochi della politica politicante e quindi poco disponibile ai compromessi. Ma Draghi è anche il meno provinciale dei nostri politici, profondamente conscio del panorama internazionale in cui il Paese si muove e dell’importanza del suo collocamento internazionale.

Le sue scelte future deriveranno quindi anche da questo. La differenza tra lui e i grillini di Conte sta proprio qui. Loro guardano al seggio da riconquistare, il premier ragiona su scenari più lunghi e più elevati. Così, nel soppesare i pro e i contro, Draghi capisce di trovarsi a un bivio. Il proprio bivio. Da una parte il proprio futuro personale, dall’altro quello politico. Possono coincidere, o una eventuale decisione potrebbe farli collidere?

Se tiene duro nel progetto di lasciare palazzo Chigi, Draghi sa che lo farebbe dopo aver detto di no agli americani, con i quali ha un rapporto eccellente, e che considerano l’Italia un punto fermo della costruzione internazionale che si sta componendo dopo il 24 febbraio. Con il Mediterraneo tornato centrale per via delle rotte migratorie, di quelle alimentari ed energetiche, il saldo collocamento italiano è fondamentale per gli Usa e l’Unione europea.

Se tirasse diritto, Draghi direbbe di no anche a Bruxelles. Lo potrebbe fare? Certo, e sarebbe del tutto comprensibile, ma il punto da capire è, per lui, il "prezzo" politico da pagare. Sono infatti in molti ad aver ipotizzato in questo anno e mezzo un futuro per il nostro premier, sia in Italia sia all’estero. Per mettere a frutto la sua esperienza e il suo prestigio. Sarebbe possibile tutto questo se le insistenze e le richieste di disponibiltà andassero a vuoto (comprensibilmente, dal punto di vista di Draghi)? Potrebbe per esempio ambire a svolgere un ruolo importante nel consesso occidentale se ritirandosi finisse per spianare adesso – certo non per colpa sua, ma prima per le bizze dei grilline e poi per il voto degli italiani – la strada a un governo di una destra a guida sovranista o populista (almeno così era considerata Giorgia Meloni qualche mese fa, quando ancora si faceva ritrarre insieme a Orban)?

L’anno prossimo si dovrà inoltre trovare un successore per Stoltenberg alla Nato, tra due anni qualcuno dovrà sedere al posto della  Von der Leyen, poi toccherà all’Onu... Senza contare che se c’è una possibilità per Draghi di continuare a svolgere il ruolo che ricopre (bene) adesso in Italia, è che anche dalle prossime politiche esca un risultato di pareggio, o quasi, di certo meno probabile con un voto a ottobre che a marzo prossimo. Un quadro composito cui il premier certamente guarda, e che non potrà non tenere in considerazione. E che magari fanno inquadrare l’atteggiamento di questi momenti come un altrettanto comprensibile desiderio di stabilire lui i termini della trattativa. Per "avere ragione" fino in fondo di Conte, e per prevenire mosse analoghe da parte di Salvini.

Della serie: Avete visto che se dico che vado via tutto il mondo mi chiede di restare? Vuoi (puoi) tu Salvini metterti contro gli americani, la Ue che ci dà i soldi del Pnrr, i sindaci di mezz’Italia?