Martedì 16 Aprile 2024

Governo, Draghi alle prese con i veti incrociati. M5s verso il sì, ma il nodo è la Lega

I dem convincono il movimento ma non vogliono il Carroccio. Duro anche Salvini: "O noi o i Cinque Stelle". Il via libera di Berlusconi

Il premier incaricato Mario Draghi e il grafico con chi potrebbe appoggiarlo

Il premier incaricato Mario Draghi e il grafico con chi potrebbe appoggiarlo

Se la notte porta consiglio, la mattina porta la medesima idea: mettere il cappello sul tentativo di Draghi. Passato lo choc, la maggior parte dei partiti si è convinta che apporre il marchio sull’esecutivo sia il modo migliore per caratterizzarlo.

Istituzionale tendenza Ursula, vuol dire soprattutto centrosinistra con Forza Italia in appoggio. Ma se la piattaforma si allargasse a un pezzo importante della destra, il volto muterebbe: l’ingresso della Lega darebbe un altro profilo, ed è l’incubo del Pd.

La manovra di accerchiamento per convincere M5s a entrare nella maggioranza di Draghi diventerebbe molto più difficile, il rischio di ritrovarsi alleati con il nemico Salvini sarebbe concretissimo. Il primo a rompere gli indugi, però, è Berlusconi. Dopo una riunione infuocata con i dirigenti azzurri, annuncia il disco verde ufficializzando il comunicato che aveva scritto martedì, non appena Mattarella aveva pronunciato il nome di Draghi: "L’incarico va nella direzione da noi indicata".

L’unità del centrodestra è alle spalle. Le delegazioni si presentano divisi alla consultazione, quella di FI oggi sarà capitanata dall’ex premier. Il turno della Lega arriverà domani: non a caso, l’ex presidente della Bce l’ha collocata in fondo all’agenda. La trama più corposa però si articola intorno al Movimento. Della regia si occupa Beppe Grillo, parlando più volte al telefono con Giuseppe Conte. La sua stella polare è nitida, bisogna evitare di rompere l’asse col Pd che, se i pentastellati si ritrovassero all’opposizione e i democratici in maggioranza, reggerebbe ben poco. Di Maio ha iniziato a lavorare in queste direzione mercoledì: la proposta di "governo politico" serviva a orientare i suoi verso il sì.

All’ora di pranzo annuncia la svolta: "È in queste circostanze che una forza si mostra matura". Poco dopo, il colpo grosso: Conte benedice il governo Draghi, con grande sollievo del Quirinale, esorta i 5Stelle, fa sapere di essere ancora in campo per costruire un’alleanza. L’obiettivo è a portata di mano, ma c’è ancora una truppa parlamentare che, di Draghi, non vuole sentire parlare. E l’eventuale ingresso della Lega riporterebbe tutto in alto mare. Ecco perché al Nazareno tremano quando Salvini annuncia una conferenza stampa assieme al leghista più favorevole a Draghi, Giancarlo Giorgetti. Temono ufficializzi il sì. Ci va solo vicino.

"Il premier incaricato dovrà scegliere tra i nostri programmi e quelli di M5s". È un ritardo che potrebbe rivelarsi fatale per lui: la marcia di avvicinamento dei partiti dell’ex maggioranza a Draghi procede spedita e il Pd non perde occasione per calcare la mano stando attento a evitare il veto formale: sarebbe uno sgarbo a Mattarella e al suo appello all’unità nazionale. "Noi e la Lega siamo forze alternative, ma è Draghi che fa il perimetro", dichiara il segretario Zingaretti, correggendo in parte Marcucci, per cui non ci sono "le condizioni per l’okay leghista".

Sempre programmi e dietro le poltrone. In questo caso, importante non è tanto aggiudicarsi questo o quel posto, ma restituire al Paese l’immagine di un governo in continuità o in discontinuità con quello precedente. Se l’intera squadra fosse rinnovata, il segnale di bocciatura dell’esecutivo uscente sarebbe inevitabile; se invece almeno i ministri più esposti nella gestione della pandemia e della crisi economica fossero confermati, il messaggio sarebbe opposto. Ecco perché la Lega insiste: il governo non può essere una fotocopia del precedente. Al contrario, i giallorossi chiedono riconferme a Draghi, che si limita a parlare di "ministri competenti". Quindi, se la Lega sarà solo aggiuntiva avrà poche freccia nella faretra, perdendo anche la possibilità di decretare la crisi di governo in tempo per arrivare alle elezioni prima della nomina del prossimo capo dello Stato. Se sarà determinante, avrà tutte le carte in mano. Molto dipende da una scelta finale del Movimento, che sembra ormai già compiuta. A meno che oggi Salvini non faccia saltare i giochi annunciando il sì a Draghi.