Roma - L’ombra di una crisi di governo, nonostante le smentite (di Conte), aleggia su Mario Draghi e i suoi ministri, complice soprattutto la lunga serie di strappi e distinguo del M5s sulle armi da inviare in Ucraina. Ogni rischio di incidente è vissuto con sospetto. L’ultimo riguarda l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. Appare, a prima vista, un tema “estero“ e invece è “italianissimo“. Il Parlamento italiano dovrà votare, come membro della Nato, per ratificare quei due ingressi, pure molto presto, sotto forma di leggi di ratifica delle due adesioni. Ecco perché se Salvini emette un perentorio "non ora" e Conte esprime dubbi e perplessità sul tema, scatta l’allarme. E se Lega e M5s si sfilano e il governo finisce sotto? Non a caso, il Pd attacca Salvini (non Conte): "A dire no aiuta Putin". Insomma, ogni scusa è buona e fa rischiare la crisi. Ovviamente, le preoccupazioni principali riguardano la richiesta di discussione, e di voto, in Parlamento, sui nuovi invii di armi in Ucraina. Giovedì prossimo il premier si presenterà in Parlamento per riferire sullo stato dell’arte della crisi in Ucraina e dei primi timidi passi di pace, ma è una semplice informativa: non prevede voto e neppure dibattito. Ma Conte e M5s continuano a chiederlo: per farlo, però, serve presentare una mozione parlamentare, discuterla in seno alla conferenza dei capigruppo, calendarizzarla. Vuol dire tempi lunghi. Un vantaggio, per il governo, ma vuol dire anche allungare la scia di scontri, logorandolo negli ultimi mesi di legislatura, i più delicati per tutti i dossier, dal Pnrr alle riforme. Poi c’è la forma. In "Gazzetta ufficiale" è appena stato pubblicato il terzo invio di materiale bellico (più pesante dei precedenti) all’Ucraina sotto forma di decreto interministeriale e se ne preparano altri. Non serve un nuovo voto perché valgono ...
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